Vi ricordate «1984», il romanzo di fantascienza (così sembrava, una volta) di George Orwell? Andatevelo a rileggere. Perché il «Grande Fratello» immaginato nel 1948 da Orwell, lungi dall'essere diventato un ferrovecchio, un'anticaglia, un residuato bellico, è più attuale che mai. Si è solo messo al passo coi tempi, perché ora non si contenta più di spiarci nel modo classico, con telecamere e microfoni piazzati dove uno più o meno se l'immagina. È sempre lui, il Grande Fratello. Solo che ora dovremo abituarci a chiamarlo «The Sweeping Angel», l'Angelo Piangente, come l'hanno ribattezzato i suoi inventori, alla Cia, settore «Embedded devices branch», che è come dire l'Officina degli aggeggi incorporati.
Funziona così. Poniamo che ieri sera abbiate visto in Tv la partita Napoli-Real. Bene. Una volta spento il televisore (avrete naturalmente una di quelle smart-Tv collegate al web della multinazionale sudcoreana?) Se avete quello è perfetto. Una volta spento, dicevamo, si attiva un microfono segreto che capta le vostre conversazioni e registra tutto quel che si dice in casa vostra, violando anche i più nascosti recessi della vostra intimità domestica. Siete a Partinico o a Camerino? Non importa. A Langley, Virginia, se vogliono sanno anche come si chiama vostra suocera e che numero di scarpe portate.
È l'ultima rivelazione di Wikileaks, l'organizzazione fondata da Julian Assange che ha diffuso migliaia di documenti riservati della Cia su un programma di hackeraggio, attraverso una santabarbara di malware e di cyber-armi. Strumenti coi quali la Cia sarebbe capace - da 2014 - di controllare i telefoni di aziende americane ed europee, come l'iPhone della Apple, gli Android di Google e Microsoft fino ai televisori della grande casa sudcoreana, utilizzandoli come microfoni segreti. Ma attenti, avvertono quelli di Wikileaks, perché gli altarini scoperti oggi sono solo la punta dell'iceberg.
L'organizzazione di Assange ha inoltre annunciato la pubblicazione di migliaia di documenti provenienti dal «Center for Cyber Intelligence» della Cia. Perché di bello c'è questo: che alla Cia saranno anche straordinari a farne una e a pensarne cento; ma c'è sempre qualche fesso, al suo interno, che alla fine lascia un cancello aperto da cui, stavolta, sarebbero defluiti centinaia di milioni di codici, consegnando nelle mani di chi li ha intercettati - passandone una parte agli «amici» di Julian Assange - l'intera capacità di hackeraggio della Cia. Un arsenale (oltre 8.700 files, si dice) da cui emerge che anche il consolato americano a Francoforte è usato come base sotto copertura dagli hacker della Cia, che dal cuore della Germania avrebbero coperto l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa. Uno smacco per la Cia, si direbbe, destinato a far impallidire le rivelazioni di Chelsea Manning e di Edward Snowden, se è vero che l'Agenzia di Langley, Virginia, ha perso il controllo del suo cyber-arsenale. Naturalmente, giurano quelli di Wikileaks, non è loro intenzione rendere di pubblico dominio le cyber armi della Cia, col rischio di vederle finire nelle mani di mafie, Stati canaglia o anche solo teenager svelti di mouse. L'obiettivo essendo piuttosto quello di innescare un dibattito pubblico sulla «sicurezza, la creazione, l'uso, la proliferazione e il controllo democratico delle cyber-armi».
C'è naturalmente chi aveva capito tutto e intuito dove saremmo andati a finire.
Ma invece di veder comparire il suo nome sui libri di storia si ostinano a tenerlo in carcere. Si chiama Totò Riina, il capo mafia che i suoi messaggi li affidava ai «pizzini». Perché al dispositivo carta da lettere- biro, come ha sempre sostenuto il vecchio Riina, il malware gli fa una pippa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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