La guerra in Siria continua senza sosta. Ogni giorno arrivano notizie di morti e di strage. L'Unione europea troppo spesso è stata a guardare. Ora, però, sembra aver fatto un piccolo passo avanti per cercare di trovare una soluzione pacifica al conflitto. Per questo motivo, al Parlamento europeo è stato creato un intergruppo per il supporto di pace. Per cercare di comprendere di più questa iniziativa, abbiamo intervistato l'eurodeputato di Forza italia Stefano Maullu.
Onorevole, concretamente, come si cercherà di aiutare il popolo siriano ad arrivare alla fine della guerra?
È esattamente lo scopo di questo gruppo che, insieme ad altri colleghi che come me si occupano di Medio Oriente, ho deciso di fondare, perché l’immobilismo dell’unione Europea in quell’area così strategica per L'Europa e l'Italia non è più tollerabile. Le azioni compiute da Bruxelles fino ad oggi non hanno affrontato doverosamente la crisi del quadrante mediorientale, ma anzi si sono rivelate inefficaci, se non addirittura deleterie: si pensi al ricatto di Erdogan, con il quale i turchi hanno ricevuto sei miliardi di euro, senza che però la crisi dei profughi trovasse una soluzione. Sono andato personalmente in Siria, mi sono confrontato con le autorità, con i civili, con i profughi ed anche con le forze militari russe, il cui ruolo non si può ignorare. Il nostro ruolo di europarlamentari ci impone di riaprire un dialogo con il governo di Damasco, ma anche con l’opposizione moderata. Bisogna essere presenti, fare sentire il nostro peso politico in questa parte di mondo tanto importante per l’Europa; da un lato dobbiamo fare decadere le sanzioni economiche, che stanno affamando ulteriormente il popolo siriano, dall’altro dobbiamo promuovere le riforme costituzionali necessarie perché la Siria trovi un nuovo equilibrio politico nell’ottica di una dialettica di confronto costruttivo tra le parti.
Lo scorso mese Lei era in Siria, dove ha incontrato Bashar Al Assad. Che Paese ha trovato? Qual è stato il messaggio che le ha lasciato il presidente siriano?
Ho trovato un Paese prostrato da cinque anni di guerra civile, ed un popolo orgoglioso, che si stringe attorno alla voglia i ricostruire ciò che gli è stato sottratto. Assad si rende conto di essere al centro di uno scontro geopolitico che va ben oltre i confini siriani, ma è deciso a portare il suo Paese, per quanto possibile, sulla via delle riforme, e degli standard che noi definiremmo “democratici” anche attraverso un processo costituente. Mi ha chiesto di raccontare in Italia ed in Europa ciò che ho visto durante la mia missione: un popolo ferito ma ancora in maggioranza legato alla sua identità di nazione, ed una opposizione che utilizza strumenti molto sofisticati, spesso armata e finanziata da altri paesi arabi, e che troppo spesso si fa portatrice di interessi diversi da quelli locali.
L'Europa sta facendo il possibile per aiutare la Siria oppure pensa ancora ad un cambio di regime?
Non possiamo ancora parlare di Europa se ci riferiamo alla politica in Medio Oriente, alcuni Stati membri Ue hanno tenuto in passato una politica intrusiva ed aggressiva in Siria, esattamente come è accaduto in Libia destabilizzando uno status qui e creando le condizioni per la nascita dello Stato islamico con il fine di attuare un regime change, ma oggi questi piani sono stati abbandonati. Per il momento l’inazione europea ci sta costando ogni giorno di più, ed il nostro ruolo viene scalzato dalle nuove potenze emergenti come Russia ed Iran.
Che ruolo può avere l'Italia?
L’Italia è per posizione geostrategica e legami storici l’attore principe della politica mediterranea; purtroppo dobbiamo constatare che l’impegno del governo in questa direzione è stato quantomeno scarso. Dobbiamo applicare un grande piano per il Mediterraneo, che sia inclusivo e lungimirante, che porti alla pacificazione delle aree interessate da conflitti, e che garantisca nuovamente il fiorente commercio che storicamente ha caratterizzato questo bacino.
Il prossimo marzo sarà nuovamente in Siria. Andrà a Damasco, Homs e Aleppo. Quali sono i suoi obiettivi e perché ha scelto di andare proprio in queste città?
Per delineare una strategia politica efficace, è necessario recarsi ad Aleppo, e in quelle zone che più di altre hanno sofferto la piaga della guerra e dell’estremismo islamico.
Lì saremo ricevuti dal vescovo Antoine Audo, un uomo integerrimo, che si è sempre rifiutato di abbandonare la città durante l’intero conflitto. Potremo conoscere i civili, ascoltare le loro storie, ed utilizzeremo il nostro ruolo di parlamentari europei per ristabilire i contatti politici che sono stati congelati negli scorsi anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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