Un rapporto pubblicato recentemente negli Stati Uniti ha svelato l’“ingente mole” di finanziamenti concessi dal governo saudita a diversi membri del Congresso Usa e diretti a indurre questi ultimi a ostacolare l’approvazione di leggi sgradite al Regno. Riyad, attraverso enti collegati alla Casa reale, elargirebbe denaro a influenti esponenti democratici e repubblicani, in violazione della normativa federale sul finanziamento dei partiti. La legge americana, infatti, vieta alle associazioni legate a nazioni straniere di sostenere economicamente i parlamentari statunitensi.
Una ricerca condotta dal Center for International Policy, think tank di ispirazione liberal, ha denunciato la “significativa” influenza saudita sulla politica Usa. In base al rapporto redatto dall’istituto, la monarchia del Golfo nell’ultimo anno avrebbe elargito a membri del Congresso 2,3 milioni di dollari. I soldi sarebbero stai versati sui conti correnti dei politici da “29 fondazioni” controllate da uomini vicini alla Casa reale. Tra i principali beneficiari dei finanziamenti concessi da Riyad vi sarebbero Kevin McCarthy, capogruppo dei repubblicani alla Camera dei rappresentanti, e Bill Nelson, esponente democratico nonché membro della Commissione Commercio del Senato. La quota restante dei 2,3 milioni sarebbe stata destinata ai componenti della Commissione Affari Esteri e della Commissione Intelligence, costituite presso la Camera alta.
Secondo gli autori della ricerca, il denaro sarebbe stato elargito dalla Casa reale al fine di creare, all’interno dell’organo legislativo federale, una “lobby saudita”, ossia un blocco parlamentare trasversale avente il compito di ostacolare l’approvazione di provvedimenti dannosi per gli interessi di Riyad. In particolare, nel 2017 tale blocco avrebbe cercato con forza di impedire il varo di sanzioni a carico della monarchia del Golfo motivate dal coinvolgimento di quest’ultima nella guerra civile yemenita. Proprio grazie all’ostruzionismo portato avanti dai parlamentari appartenenti alla “lobby saudita” i provvedimenti sanzionatori non avrebbero allora ottenuto l’approvazione del Congresso. Per il momento, l’ambasciata saudita a Washington non ha fornito commenti ufficiali sulle informazioni contenute nel rapporto.
Ben Freeman, autore della ricerca, ha dichiarato: “Il 2017, rispetto agli anni precedenti, è stato caratterizzato da un significativo incremento dello sforzo economico saudita diretto a influenzare la politica statunitense. Tuttavia, in base alle nostre previsioni, alla fine del 2018 dovrebbe registrarsi un ulteriore aumento della somma elargita da Riyad ai membri del Congresso.” Secondo il ricercatore, il Regno avrebbe infatti ultimamente deciso di destinare maggiori risorse alla “lobby saudita” presente nel parlamento Usa, a causa dell’indignazione suscitata nell’opinione pubblica globale dall’uccisione di Jamal Khashoggi. Ad avviso di Freeman, il recente assassinio del giornalista di The Washington Post, subito attribuito dai media occidentali alla monarchia del Golfo, avrebbe favorito lo sviluppo, all’interno del Congresso, di un “profondo sentimento antisaudita”.
Di conseguenza, le autorità del Paese mediorientale avrebbero deciso di correre ai ripari stanziando maggiori risorse economiche a vantaggio del blocco dei parlamentari pro-Riyad, sempre al fine di scongiurare il varo di sanzioni Usa ai danni della Casa reale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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