Donald Trump ha formalmente avviato l’iter per il recesso degli Usa dall’Unione postale universale (Upu), organizzazione internazionale collegata all’Onu e istituita 144 anni fa per regolare il sistema postale mondiale. Secondo la Casa Bianca, il trattato istitutivo dell’ente sarebbe “eccessivamente svantaggioso” per le aziende statunitensi, in quanto non le tutelerebbe affatto dalla "concorrenza sleale cinese".
Il Dipartimento di Stato, dietro iniziativa del presidente Usa, ha in questi giorni notificato ai vertici dell’organizzazione bernese la volontà americana di abbandonare quest’ultima. Alla base del recesso vi sarebbero le critiche avanzate da Donald Trump nei confronti delle agevolazioni accordate alle spedizioni cinesi. Secondo la normativa Upu, i Paesi membri ad alto reddito sono infatti obbligati ad applicare tariffe ridotte su pacchi e imballaggi provenienti dalle economie meno sviluppate. Fin dal 1969, anno dell’ingresso della Cina nell’organizzazione, la nazione asiatica si è sempre vista riconoscere, dalla dirigenza dell’istituzione internazionale, lo status di “Paese in via di sviluppo” e, di conseguenza, ha finora goduto di significative agevolazioni per i rispettivi prodotti postali. Ad avviso dell’Amministrazione Trump, il trattamento preferenziale concesso alle spedizioni provenienti dall’ex “Celeste Impero” si starebbe rivelando un “illegittimo sussidio” alla crescita economica cinese. Grazie alle tariffe agevolate accordate dall’Upu, le compagnie postali di Pechino risparmierebbero ogni anno 300 milioni di dollari, mentre le compagnie americane, al contrario, sarebbero soggette a costi sempre crescenti. Le autorità statunitensi, inoltre, sostengono che tale regime preferenziale incoraggerebbe le “esportazioni cinesi di prodotti contraffatti e di sostanze stupefacenti”.
Il Dipartimento di Stato, nel notificare alla dirigenza Upu il recesso americano dall’istituzione bernese, ha specificato le modifiche normative che potrebbero scongiurare lo strappo Usa. Secondo il dicastero, Washington sospenderebbe l’iter per l’uscita dall’organizzazione se i vertici di quest’ultima dovessero riconoscere al governo federale il diritto di fissare autonomamente le tariffe sulle spedizioni provenienti dall’Asia. La richiesta avanzata dal Dipartimento è stata subito ribadita dallo staff presidenziale. Sarah Sanders, portavoce della Casa Bianca, ha infatti precisato che l’avvio, da parte di Washington, dell’iter per il recesso mira a indurre la dirigenza dell’organizzazione bernese ad avviare negoziati per rendere “più eque” le regole Upu: “Se le trattative produrranno risultati soddisfacenti, allora gli Stati Uniti interromperanno immediatamente la procedura di recesso e resteranno membri dell’Upu.” Ad avviso degli esperti, la procedura intesa a ufficializzare l’uscita di un Paese membro dall’istituzione rischia di durare anche più di un anno.
La scelta americana di abbandonare l’ente collegato all’Onu è stata accolta dalla dirigenza Upu con “profondo dispiacere”. Bishar Hussein, Direttore generale dell’organizzazione, ha dichiarato: “Sono amareggiato per la decisione adottata dal governo degli Stati Uniti. Tuttavia, sono pronto ad avviare negoziati con i funzionari Usa circa le richieste avanzate dalla Casa Bianca.” La sfida lanciata da Trump nei confronti dell’organizzazione è stata invece salutata con entusiasmo dal sindacato degli industriali statunitensi. Jay Timmons, presidente della National Association of Manufacturers, è infatti uno dei principali sostenitori della “linea dura” nei confronti della Cina.
Egli ha subito appoggiato la decisione del tycoon di ritirare gli Stati Uniti dall’Upu: “Le industrie e i lavoratori del settore manifatturiero riceveranno grandi benefici dalla cessazione del trattamento preferenziale riconosciuto finora alle spedizioni cinesi.”- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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