La Nuova Zelanda festeggia: "Sconfitta la seconda ondata"

La Nuova Zelanda ha sconfitto di nuovo il Covid-19. Nel Paese non ci sono più casi attivi di coronavirus a tramissione locale da 12 giorni

La Nuova Zelanda festeggia: "Sconfitta la seconda ondata"

La scorsa primavera era riuscita ad arginare la prima ondata di coronavirus adottando un piano organizzato fin nei minimi dettagli e concretizzato con estrema precisione. Adesso la Nuova Zelanda si è ripetuta, sconfiggendo, ancora una volta, il Covid-19.

Una nuova vittoria contro il virus

Gli ultimi dati parlano chiaro. Il ministro della Salute neozelandese, Chris Hipkins, ha annunciato che nel Paese non ci sono più casi attivi di coronavirus a tramissione locale. "È una grossa pietra miliare. I neozelandesi ancora una volta hanno schiacciato il virus grazie al loro comportamento collettivo", ha concluso il ministro Hipkins.

Negli ultimi mesi il governo locale, guidato da Jacinda Ardern, aveva celebrato il raggiungimento del traguardo di nessun nuovo caso a trasmissione locale per oltre cento giorni consecutivi (102 per l'esattezza). L'idillo era poi terminato a metà agosto, con la comparsa di quattro pazienti misteriosi positivi al Covid: tanto è bastato per richiamare tutti alla massima attenzione.

Non solo: in piena estate la Nuova Zelanda scelse di attuare subito, per quasi una settimana, misure restrittive, comprendenti pesanti restrizioni alla libertà di movimento ad Auckland, città colpita dai nuovi contagi, e limitazioni agli spostamenti nel resto del Paese. Scendendo nel dettaglio, Auckland dovette fare i conti con un lockdown di livello tre.

In quei giorni furono consentite soltanto uscite per motivi indispensabili e furono chiuse le attività commerciali non essenziali, inclusi ristoranti e bar. Ecco il cuore del modello neozelandese sta proprio qui, e si basa su due pilastri: intervenire subito, in modo rapido e chiaro, e affidarsi a una comunicazione diretta lineare.

"Seconda ondata" sconfitta

Nel primo intervento, durante la prima ondata, Ardern bloccò sin da febbraio i viaggiatori cinesi, chiuse, da marzo, le frontiere a tutti i non residenti, impose quarantene lungo i confini, tamponi a tappeto e tracciabilità dei contatti. Dal 23 marzo, inoltre, fu imposto il lockdown per un mese, prolungato di una settimana.

Nella seconda ondata, come abbiamo visto, il governo neozelandese ha scelto interventi più soft e mirati. La missione, a quanto pare, è riuscita nuovamente. La curva epidemiologica si è avvicinata allo zero nel giro di poche settimane. Da agosto a oggi sono state registrate 186 infezioni, il 100% delle quali ora rientrate. Un traguardo che non deve far cantare vittoria anticipatamente, ha avvertito la premier, esortando i suoi connazionali a mantenersi costantemente vigili e a partecipare all'impegno collettivo per continuare a dominare il virus.

Un modello che funziona

Il focolaio di agosto verrà considerato ufficialmente chiuso tra un mese se non saranno emersi nuovi casi al termine di due periodi di incubazione. Tre contagi sono stati scoperti oggi, ma tutti al confine. Da 12 giorni non compare invece più un singolo nuovo contagio da Covid-19 a trasmissione locale.

Il modello neozelandese ha mostrato di funzionare alla grande. Tuttavia, tra gli esperti, sorge un dubbio: è replicabile anche in altri Paesi? I dubbi restano. Anche perché la Nuova Zelanda è un'isola che conta circa 5 milioni di abitanti e una densità piuttosto limitata (18 per chilometri quadrato).

Intanto la popolarità di Ardern, con le elezioni alle porte, è salita alle stelle. La premier ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa che le possibilità che il Paese abbia eliminato la trasmissione del virus si aggirano intorno al 95%.

"La nostra piccola squadra di cinque milioni di abitanti, un po’ affaticati questa volta, ha fatto quello che fanno sempre le nostre nazionali sportive: ha abbassato la testa e tirato avanti", ha spiegato con orgoglio.

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