La prestigiosa Georgetown University, istituzione di spicco nel panorama accademico americano, ha deciso di fare ammenda e riconoscere le responsabilità che l'Ateneo ebbe nel 1838 nella vendita di 272 schiavi ad una piatagione nella Luisiana, per salvare l'università dalla bancarotta. La trattativa, voluta dall'allora preside Fr. Thomas Mulledy, S.J, padre gesuita, fruttò alla scuola 115 mila dollari, l'equivalente oggi di 3,3 milioni, separando per sempre gli sfortunati dalle loro famiglie.
La Georgetown University ha così annunciato di avere in programma una serie di iniziative volte a pagare il debito per il coivolgimento della scuola, fin dai primi anni dalla sua fondazione, con la schiavitù: ad iniziare dalle scuse formali dell'attuale presidente dell'ateneo John DeGioia, previste per il tardo pomeriggio.
Il piano prevede, anche, la creazione di un nuovo istituto per lo studio della Schiavitù e la costruzione di un memoriale pubblico, che ricordi il lavoro e la fatica di quegli schiavi di cui l'università benificiò. DeGioia, inoltre, ha rivelato di stare studiando da alcuni mesi un piano, che possa offrire facilitazioni nell'ammissione all'Ateneo per i discendenti degli schiavi sfruttati. La Georgetown ha già avviato un team di ricerca per seguire le orme di quei 272 schiavi - dalla piantagione gesuita del Maryland fino a tre differenti campi di lavoro a ovest e a sud di Baton Rouge - per riuscire a risalire ai familiari da quali furono costretti a separarsi.
L'iniziativa della Georgetown University, non è l'unica nel suo genere: infatti, segue le orme di alcune delle più
famose università americane, come Harvard, Brown e l'Università della Virginia, che, da ormai qualche anno, hanno riconosciuto il loro coinvolgimento nella tratta e compravendita degli schiavi durante il 18° e 19° secolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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