Il cuore non è di panna. È di castagne, frutto che si apre al palato in tutta la sua farinosità e zuccherosità. Il Montebianco parte da qui. E continua arricchendosi di ingredienti che completano un quadro che risulterà dolce sì ma sfaccettato, giocato tutto su di una base asciutta-terrosa, la castagna, completata dalla lipidica evanescenza della panna.
La sua storia è antica e sembra sia di origine transalpina tanto che il grande Auguste Escoffier ne rimanda una versione invernale ai marroni e una primaverile alle fragole. Ma anche nellItalia settentrionale, ovviamente nelle zone ricche di castagne. Una ricetta classica prevede, dopo la cottura nel latte delle castagne sbucciate e private della pellicina, di schiacciarle nello schiacciapatate aggiungendovi zucchero a velo, vaniglia, amalgamando molto bene. Sarà il momento poi di ripassare ancora tutto nello schiacciapatate facendo scendere i vermicelli al centro di un piatto di portata formando una vetta. A questo punto riporre in frigorifero e al momento di servire ricoprire con panna leggermente zuccherata, tanto da riprodurre la sagoma del Monte Bianco. In fondo si chiama così proprio per questo motivo. Alcuni poi aggiungono un tocco di cacao al composto di castagne, un quid in più.
Da citare come curiosità la ricetta piemontese tratta del libro di Fernanda Gosetti I Dolci della Cucina Regionale Italiana preparata con una crema a base di latte, zucchero, cacao, fecola, vaniglia e che, dopo la cottura, andrà versata in stampi da budino e successivamente raffreddata. La panna montata ricoprirà il tutto con accompagnamento di lingue di gatto. Una versione ancora più ricca è la sostituzione della panna con la copertura di Chantilly zuccherata e vanigliata. Il tutto poi può essere guarnito con violette candite. Tanto per restare in tema zuccherino-naïf.
E, sempre per associazione a questultimo concetto, ecco, proprio dal succitato Escoffier, spuntare anche uno stravagante pittoresco Monte Rosa. La partenza è una charlotte foderata con dei wafer ai quali si unisce la solita Chantilly sulla quale andrà aggiunto un purée di lamponi disponendo il tutto come una roccia innevata. Daltra parte il pasticcere, da che mondo è mondo, ha sempre cercato di destreggiarsi tra limitazione delle architetture umane e quelle naturali. Ma la sfida del Montebianco è sempre aperta. Enrico Crippa, del Piazza Duomo di Alba, lo propone con ganache di gianduia, croccante al cioccolato e salsa di kaki che alimentano altri contrasti, tessiture e contrappunti.
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