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Monti preme sull'articolo 18: "A marzo metteremo mano"

Dopo le polemiche dei sindacati e sinistra il premier non arretra: "I giovani si abituino a non avere un posto fisso". Con le manovre del 2011 lo Stato guadagna 81 miliardii. Via libera alle semplificazioni

Monti preme sull'articolo 18: "A marzo metteremo mano"

La riforma del lavoro resta al centro del piano del governo. Nonostante gli attacchi dei sindacati e della sinistra, il premier Mario Monti non arretra di un millimetro e liquida le polemiche sulla "monotonia" del posto fisso spiegando che la sua frase è stata presa fuori dal contesto generando un equivoco. Durante un videoforum con Repubblica.it, il presidente del Consiglio spiega chiaramente che il modello che il governo intende seguire è quello danese ("Anche se non dobbiamo diventare tutti danesi"). "Creare lavoro per i giovani è l’obiettivo centrale di tutta la politica economica e sociale del governo - fa notare il premier - questo non significa che i giovani debbano e possano avere quel lavoro per tuttta la loro esistenza, il cambiamento è da guardare positivamente e non negativamente".

"Se intendiamo per 'fisso' un posto che ha una stabilità e tutele, certo è un valore positivo - spiega il Professore - i giovani devono abituarsi all’idea di non avere un posto fisso per tutta la vita, come capitava alla mia generazione o a quelle precedenti, un posto stabile presso un unico datore di lavoro o con la stessa sede per tutta la vita o quasi". Insomma, secondo Monti, per le nuove generazioni sarebbe meglio "abituarsi a cambiare spesso luogo o tipo di lavoro e Paese". Insomma, Monti rispedisce al mittente il diktat dei sindacati sull'articolo 18 e boccia le ideologie della sinistra. "Questo non è da guardare con spavento, come una cosa negativa - ribadisce il premier - gli italiani e i giovani hanno in genere troppa diffidenza verso la mobilità e il cambiamento". Per il governo, dunque, la sfida di cambiare lavoro nel corso della vita non può che essere una cosa positiva: "Per arrivare a dare un lavoro ai giovani bisogna tutelare un po' meno chi è già molto tutelato, quasi blindato nella cittadella, mentre c’è chi si trova quasi in una situazione di schiavitù, in una forma estrema di precariato".

Proprio per questo, l'esecutivo si è dato la scadenza di fine marzo per attuare la riforma del mercato del lavoro. Tuttavia il Professore non sa dire se per i primi provvedimenti sia essenziale o meno la modifica dell'articolo 18 perché la riforma è "un mosaico fatto di tante tessere, ma non sarebbe utile precludersi da una parte e dall’altra" le diverse strade. Ad ogni modo, è il ragionamento del presidente del Consiglio, l'articolo 18 resta "centrale nella discussione" perché "in passato per alcuni era la punta di una spada offensiva, mentre per altri era il centro dello scudo difensivo". Per Monti è una sorta di contrapposizione tra Oriazi e Curiazi: "Al tavolo stiamo vedendo con ministri e datori lavoro e sindacati come si può contemperare la garanzia del rispetto di certi diritti del singolo lavoratore con forme che non scoraggino le imprese dall’assumere maggiormente e compararci con le discipline di altri paesi". Per Monti l’articolo 18 potrebbe essere uno dei motivi che scoraggiano l’investimento nel nostro Paese di capitali stranieri. "Il governo non ha poteri di intervento su come la giustizia viene amministrata - puntualizza il premier - ma possono esserci chiarimenti che danno nuovi paletti a chi deve amministrare la legge se questa è un po' cambiata".

Insomma, Monti non si lascia spaventare dai soliti anatemi dei sindacati e guarda a quelle riforme strutturali che sono sempre più importanti per fare uscire il Paese dalla crisi economica. Quelle stesse riforme che oggi, in una intervista al Financial Times, anche Silvio Berlusconi ha definito indispensabili per la libertà dell'Italia. Quelle stesse riforme che il precedente governo avrebbe messo in cantiere se solo la sinistra e i poteri forti non avessero usato la crisi economica e lo spread tra Btp e Bund come un'arma per far cadere il Cavaliere. Questo, Monti, lo sa fin troppo bene.

"Spread è un termine diventato di uso casalingo, nonché un metro per valutare i governi, a volte in modo un pò eccessivo - fa notare il Professore - credo si sia esagerato ad usare lo spread nei confronti del mio predecessore e si esagera quando scende per commentare il lavoro del successore...".

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