Morto Gherardo Guidi, il signore della notte che alla Capannina accese il sogno italiano

L'imprenditore rivoluzionò il nostro spettacolo con le grandi star mondiali

Morto Gherardo Guidi, il signore della notte che alla Capannina accese il sogno italiano
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Se ne è andato nella notte, così d'improvviso, dopo una cena alla «sua» solita Osteria del Mare di Forte dei Marmi, portandosi dietro un'epoca, quella della leggendaria Capannina diventata la culla dei sogni di tante generazioni. Gherardo Guidi aveva 84 anni, era alto e curvo sotto il peso degli anni e per quasi mezzo secolo, lui toscano di Castelfranco di Sotto, era stato alla guida della Capannina, la music hall più antica d'Europa e una delle più celebri del mondo. Ci sono passate le più grandi star di sempre, da Ray Charles a Edith Piaf e Grace Jones, e quelle che hanno identificato l'italianità della nostra musica, da Peppino di Capri a Gino Paoli, da Mina a Edoardo Vianello.

La Capannina era un mutuo scambio con la popolarità, chi saliva sul palco portava la propria e ne riceveva in cambio altra perché il locale richiamava i volti più celebri, gli industriali, gli Agnelli e i Marzotto, tutti inseguiti da paparazzi, tutti riproiettati sui rotocalchi. E che Gherardo Guidi avesse il talento perfetto per creare «una scena» e per accendere l'immaginazione si era già capito quando a inizio Sessanta si ritrovò in mano le chiavi della Sirenetta della sua Castelfranco. Poi passò a Firenze (I Tigli e il Regine), a Bologna (lo Sporting), a Viareggio (il Carillon), poi la Capannina dal 1977 e infine la Bussola di Focette, altro tempio della musica. Ma la Capannina resta la Capannina, il suo vero amore. L'arrivo di Guidi fu, come si direbbe oggi, un «booster», aumentò la fama di quel capanno in riva al mare che Achille Franceschi nel 1929 ripulì aggiungendo un bancone da bar, un grammofono a manovella e qualche tavolo per giocare a carte. «Sembra proprio una capannina» disse una contessa entrandoci per la prima volta. In pochi anni, alla Capannina iniziarono ad arrivare i veri notabili, i gerarchi (Italo Balbo «parcheggiava» il proprio idrovolante lì davanti), persino un giovanissimo John Fitzgerald Kennedy, poi i Barilla, i Rizzoli, i Moratti, Montale, Ungaretti, tutti a sorseggiare Negroni (che proprio dalla Capannina iniziò a farsi conoscere nel mondo) ascoltando magari Gilbert Bécaud, i Platters o Paul Anka. Benito Mussolini la fece chiudere per qualche tempo perché, dicono, le follie di quelle notti confondevano la figlia Edda. Poi gli alleati la riaprirono e iniziò una nuova epoca.

La Capannina, un nome che vale un'epoca.

Ormai chiuso il Rosalend di New York, oggi è il locale più «vecchio» del mondo, seguito dal Maxim di Parigi, che è stato inaugurato quattro anni dopo. E Guidi seppe adeguarsi ai tempi, aprire al pop nel senso di «popular». È stato il primo a inventarsi Mike Bongiorno come presentatore nei dancing, ha lanciato le carriere di Valeria Marini e Belén Rodriguez, ha voluto, insieme con Vittorio Cecchi Gori, gli schermi nazionali per Carlo Conti, Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello. Ricorda Jerry Calà, molto commosso: «A Gherardo devo la mia seconda carriera di showman, è stato lui a stimolarmi a tornare sul palcoscenico quando nemmeno ci pensavo, mi invitò a fare la Serata Sapore di Mare che faccio da 27 o 28 anni ogni volta con il tutto esaurito».

Già, Sapore di mare, il film di Carlo Vanzina del 1983 con Virna Lisi, Christian De Sica, Marina Suma e, appunto, Calà ha come sfondo la Capannina che ne diventa un simbolo ideale, il testimonial di uno stile di vita.

In quel locale ancora oggi puoi incrociare la principessa Elettra Marconi oppure il giovane vip fresco di popolarità, l'industriale oppure i teenager assiepati in coda sulla passeggiata, tutti insieme in quella Capannina che in Italia ha acceso le luci sulla nostra voglia di musica e di divertimento.

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