Mosca va in piazza contro Putin Il re degli scacchi finisce dentro

L’ex numero uno del mondo Garry Kasparov arrestato e condannato a cinque giorni di carcere

Mosca va in piazza contro Putin Il re degli scacchi finisce dentro

Garry Kasparov, l’ex campione del mondo di scacchi che da un paio d’anni è sceso in politica, fa paura. Il suo movimento di opposizione «Altra Russia» riesce a mobilitare poche migliaia di persone; ieri a Mosca erano appena 2.500 a manifestare. Ma fa paura. A Putin, naturalmente, che in queste circostanze non va per il sottile. In serata Kasparov un tribunale lo condannato a cinque giorni di prigione. Tanto per cominciare.
Cose che capitano nella Russia di oggi. La dimostrazione, autorizzata, si è svolta regolarmente, sebbene in un clima di pesante intimidazione. Lontano dal centro, naturalmente, in corso Sakharov, e con un fitto cordone di Omon (gli agenti anti sommossa), cancellate, metal detector, mezzi blindati. Kasparov non era solo. Con lui altre personalità di spicco come Lev Ponomarev, noto difensore dei diritti umani, Eduard Limonov, del disciolto partito nazional-bolscevico e soprattutto i tre massimi esponenti dell’Unione delle Forze di destra (Sps), Nikita Bilikh, Maria Gaidar e Boris Nemtsov, candidato alle presidenziali di marzo. L’Sps è uno dei principali partiti liberali del Paese e per la prima volta ha accettato di protestare assieme all’ex fuoriclasse della scacchiera.
Uno sviluppo che certo a Putin non fa piacere. Appena conclusi i discorsi, alcuni ragazzi sono riusciti a superare il cordone degli agenti e si sono messi a marciare verso la sede della commissione elettorale, guidati dallo stesso Kasparov. Un’azione illegale, aggravata dal blocco del traffico. Gli Omon non aspettavano altro: hanno cominciato a spintonare e a manganellare, lanciandosi a caccia del leader di «Altra Russia»: è stato caricato su un pulmino, dal quale, scostando una tendina, ha fatto il segno della vittoria mentre la gente gridava «libertà, libertà». In serata era ancora agli arresti nel commissariato di zona, come peraltro era già avvenuto in luglio in occasione di analoghe manifestazioni, poi è arrivata la condanna a cinque giorni di galera, tanto per evitargli di essere oggi a San Pietroburgo, dove è prevista una manifestazione analoga.
Un gruppo di dimostranti è comunque riuscito a entrare nella sede della commissione e a consegnare un documento nel quale si denunciano elezioni «non conformi ai principi democratici» e si annuncia il proposito di cancellarne i risultati con «ogni mezzo legale». Di fatto solo i grandi partiti riescono a presentare liste per la Duma; quelli piccoli, come «Altra russia» sono esclusi da requisiti minimi vessatori.
Kasparov ci riproverà in marzo, alle presidenziali. È convinto che i sondaggi sulla popolarità di Putin e del suo probabile successore, il premier Zubkov, siano falsi e che i suoi concittadini siano pronti a ribellarsi. «Per il presidente e il suo entourage, la Russia non è che una fonte di arricchimento personale. Il nostro obiettivo è lo smantellamento di questo regime che copre il paese di vergogna e lo detesta», ha arringato i simpatizzanti prima di essere arrestato.
D’altronde qualche segnale di malcontento emerge. Un sindacato indipendente ha annunciato uno sciopero per il 28 novembre, a quattro giorni dalle elezioni, con l’intento di paralizzare il traffico merci e passeggeri. Un tribunale ha già vietato la protesta, ma il segnale è significativo. Putin è nervoso, dal 2004 teme che gli Stati Uniti possano organizzare una «rivoluzione arancione» sulla Piazza Rossa. E fa di tutto per prevenire questa eventualità.

Ieri pomeriggio migliaia di giovani sostenitori del presidente hanno sfilato sotto il Cremlino, proprio mentre Kasparov arringava i suoi 2.500 sostenitori lontano dal cuore della città. Una coincidenza, naturalmente.
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