"Senna mi salvò la vita", il racconto dell'ex pilota Comas: "Le ultime parole che ci siamo detti quel giorno maledetto"

"L'auto sarebbe potuta esplodere, lui scese dalla sua McLaren e mi aiutò", ricorda il francese

"Senna mi salvò la vita", il racconto dell'ex pilota Comas: "Le ultime parole che ci siamo detti quel giorno maledetto"
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Il 1° maggio del 1994 ha segnato la fine del suo amore per la Formula 1 a causa del tragico destino di Ayrton Senna, il pilota che tanto ammirava e che gli salvò la vita appena due anni prima di quel terribile pomeriggio: così l'ex pilota francese Erik Comas, ultimo a parlare col fuoriclasse brasiliano, riavvolge il nastro e ripercorre quei momenti tragici che hanno segnato la sua esistenza all'inizio degli anni '90.

Il racconto non può che iniziare dall'episodio che lo vide protagonista di un grave incidente al volante della sua Ligier JS37 nel circuito più affascinante e amato del mondiale di Formula 1, quello di Spa-Francorchamps. Il 28 agosto 1992 sono in corso di svolgimento le prove libere del venerdì mattina del Gran Premio del Belgio. "Si andava col pieno per valutare meglio l’assetto: 175 litri di benzina. Tantissimi", racconta Comas, come riportato da La Gazzetta dello Sport. "Terzo giro, curva cieca a sinistra, cioè a oltre 300 all’ora, e sulla pista trovo ghiaia dappertutto", ricorda l'ex pilota, "la mia Ligier va dritta, picchia sul guardrail, riattraversa la via di fuga per immobilizzarsi sulla pista distrutta…".

E qui le cose potrebbero precipitare ulteriormente. Comas sviene, e di quei momenti terribili non ricorda assolutamente nulla: tutto ciò che sa gli è stato raccontato successivamente da chi ha assistito agli istanti dopo il botto."Avevo perso i sensi, colpito dalla ruota anteriore che si era staccata nell’impatto, con il piede sull’acceleratore a 13 mila giri", spiega il 60enne. A quel punto arriva Ayrton Senna, che si preoccupa per l'incolumità del collega. "Vede la mia testa inclinata sulla sinistra, il rumore del motore e capisce subito". Il pilota brasiliano abbandona il volante della sua McLaren, "corre verso di me, cerca l’interruttore generale e mi salva la vita. Sapeva del pieno di benzina, l’auto sarebbe potuta esplodere da lì a poco". Quel gesto salva la vita di Comas, che ha un unico cruccio, quello di non essere riuscito secondo lui a mostrare tutta la sua gratitudine ad Ayrton, verso cui aveva un certo timore reverenziale.

La morte del pilota brasiliano ha acuito questo senso di colpa, anche perché Comas, che guidava allora una Larrousse LH94, fu probabilmente l'ultimo pilota a parlare con lui. Il giorno prima, il sabato, Rolan Ratzenberger perse la vita in un tragico incidente che gettò tutti nello sconforto e nel terrore. "La domenica mattina avevamo il briefing al primo piano della torre Marlboro", ricorda il francese. "Tutti scossi per quanto era accaduto. Da De Angelis, nel 1986, non era morto più nessuno, avevamo le scocche in carbonio non più in alluminio e anche la protezione alle gambe era molto migliorata", racconta, "ci illudevamo tutti forse, non Ayrton". Il brasiliano è preoccupato. "Mi trovo seduto proprio al suo fianco, e mi dice: 'Érik vengo a trovarti a Londra' - vivevo lì allora -, 'dobbiamo fare qualcosa sulla sicurezza prima di Montecarlo'. Sono state le ultime parole che ci siamo detti".

La gara parte, e poco dopo entra la Safety Car. Le vetture si accodano, e Comas viene toccato dall'auto che lo segue. Sembra tutto ok, ma la monoposto vibra sull'anteriore, per cui il francese torna ai box per sostituire il musetto. Nel frattempo riparte la corsa e avviene l'incidente a Senna, ma Coma, che non sa nulla, viene fatto rientrare in pista: così facendo, in caso di sospensione, sarebbe potuto ripartire regolarmente.

"Vedo subito l’elicottero, rallento ovviamente, l’ambulanza, la macchina di Ayrton e lì capisco. Mi avvicino di fretta e lui è sdraiato sull’erba. Mi bloccano tre medici, è meglio che io non mi avvicini, dicono…", dichiara ancora molto scosso. "Ecco, è stato un trauma da cui non mi sono mai ripreso: veder partire chi ti ha salvato senza poter far nulla. Non sono mai stato un buon credente, ma quel giorno ho sentito una radiazione, l’anima di Ayrton andarsene. Sono tornato ai box, ho detto ai miei che per me era finita e sono scappato all’aeroporto", prosegue.

E così accade: il francese è decimo a Montecarlo, poi salta quattro gare e, convinto da Gérard Larrousse, conclude la stagione. Poi l'addio alla Formula 1: "Dall’anno dopo cominciai a gareggiare in Giappone nella GT, prima Toyota poi Nissan". Il ricordo di quel pomeriggio è ancora vivo e doloroso:"Una ferita che non si sanerà mai, non credo di essere più stato lo stesso uomo dopo quel 1° maggio", ammette.

"Devo molto a mia moglie, con lei nel 2015 sono andato al cimitero di Morumby a San Paolo: è stato difficile, ma necessario. Mi ha lasciato da solo con lui, e finalmente gli ho detto grazie", conclude l'ex pilota francese.

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