«MR. CEPU» 4 FRANCESCO POLIDORI

Francesco Polidori, Mr.Cepu, che fa, ora dà ripetizioni al Pdl?
«Ma no, è nato tutto per caso, da una cena a Milano con il Cavaliere. Si parlava dei Promotori della libertà».
Quelli della Brambilla.
«Quelli. Io gli dissi che, secondo me, ci voleva una organizzazione molto precisa sul territorio. E allora gli ho parlato della nostra idea di “vicinato”».
E che cos’è?
«È la cellula base di un partito, quella che usiamo per il nostro nuovo movimento politico, il Federalismo Democratico Umbro».
E Berlusconi l’ha chiamata a Palazzo Grazioli per illustrarla ai vertici del Pdl, in vista della riorganizzazione del partito?
«Sì sono stato lì qualche giorno fa, ad una riunione con ministri e dirigenti del Pdl, e ho mostrato delle slides. Il “vicinato” è una sezione molto vicina alla gente. Vede, io vengo da 40 anni di vendita, il Cepu ha sviluppato una rete capillare sul territorio, con persone preparate e selezionate, per poter entrare nelle famiglie».
Una vendita a domicilio. E questo sarebbe trasferibile alla politica?
«Ma è solo il metodo, capisce? Se si vuole fare un’organizzazione non si può stare seduti, bisogna promuovere. E poi premiare. Ogni responsabile di un vicinato viene cambiato ogni anno e viene premiato in base ai contatti che fa, al lavoro che fa. Ovviamente retribuito».
Con uno stipendio?
«No, con dei crediti di impegno civile».
Prego?
«Non soldi, ma crediti che possono poi essere fatti valere quando bisogna decidere chi candidare alle elezioni».
E a Berlusconi che effetto ha fatto il suo progetto?
«Gliel’ho presentato e mi è sembrato molto interessato. Sì insomma, ho visto che la mia presentazione ha fatto impressione tra i presenti».
Ma chi c’era?
«La Meloni, Verdini, la Brambilla, e altri».
E come siete rimasti?
«Berlusconi ha invitato gli altri a ragionare su quanto avevo detto io, e poi ci siamo lasciati con la promessa di rivederci a settembre».
Ma il Pdl in versione Cepu quante sezioni, anzi “vicinati”, dovrebbe avere secondo lei in tutta l’Italia?
«Beh io pensavo a 60mila circa. Quante sono le sezioni elettorali, cioè una ogni 300-400 famiglie. Ogni italiano fa parte di una sezione elettorale, il vicinato non fa che ricalcare questa organizzazione preesistente. Una sezione sa tutto dei cittadini che la compongono: nomi, date di nascita, numeri di telefono».
E secondo lei funzionerebbe?
«Io penso che se si somma questa organizzazione capillare, che forse manca al Pdl, alla forza mediatica del Cavaliere, al suo carisma, si possono avere risultati micidiali. Pensi a Obama, che aveva 90mila punti sul territorio, cos’è riuscito a fare».
Ma quindi il responsabile territoriale del Pdl dovrebbe organizzare una specie di «vendita porta a porta»?
«No, deve curare le famiglie. Contattare persone che tra l’altro sono conosciute, sono vicine di casa. Prende per esempio gli anziani, li visita, chiede cosa hanno bisogno, insomma capisce le esigenze reali della gente e poi agisce».
E poi fanno carriera quelli che fanno votare più persone.
«Beh, l’obiettivo finale qual è? È che si parte da una percentuale che il partito ha in quella sezione elettorale, e si cerca di farla crescere. E poi questa crescita, se c’è, si riscontra alle elezioni».
Ma pensa di poter avere delle resistenze nel partito?
«Qualche resistenza me l’aspetto, ma un partito meritocratico è meglio di tutto».
Già qualche problema col Pdl in Umbria lo ha avuto, quando doveva apparentarsi alle ultime Regionali.
«Sì, da un giorno all’altro ci hanno detto che non si faceva più. Mi è dispiaciuto, ma succede, il nostro movimento era appena nato. Ora sono contento se posso aiutare il premier».
Lei si definirebbe un «berlusconiano»?
«Certo, da sempre».
Però è stato molto vicino a Di Pietro alla fine degli anni ’90.
«Eravamo compagni di scuola a Fermo. Quando ha fondato l’Idv gli ho prestato un albergo dei nostri a Sansepolcro. Poi l’ho anche invitato per fare il docente al Cepu. Ma a quell’epoca non era anti-berlusconiano».


E ora, farebbe da consulente del Pdl per pura devozione al Cav?
«Sì. Noi potremmo fare la formazione dei dirigenti dei vicinati del Pdl».
Ecco, il business.
«Ma no, non a scopo di lucro. Solo a prezzo di costo. Quel che voglio è dare un contributo al Pdl e a Berlusconi».

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