Sarà un caso, ma il «cuoco delle stelle» (quattro nell'ultima edizione italiana della Rossa Michelin) ha iniziato la sua grande scalata passando da una «bomboniera» interna a un hotel non certo affascinante (eufemismo) sull'A4 a un gioiellino al terzo piano del Mudec. Enrico Bartolini spiega così la scelta vincente.
«Era una delle opportunità che mi si sono presentate per trasferirmi a Milano, un obiettivo da tempo in programma: in un quartiere in totale sviluppo, è un posto con valori importanti e che mi dà modo di creare eventi importanti».
Lei cura sia il ristorante bistellato che il bistrot a piano terra. Una scelta precisa?
«La cultura è di tutti, il cibo è di tutti. Tutti possono sedersi alla caffetteria, a prezzi normali. Tutti possono fare un'esperienza al ristorante, se hanno voglia di spendere di più».
Quanto vi condiziona il lavorare in un luogo simile? Ci sono locali simili nel mondo che realizzano piatti in base alle mostre del momento.
«Non ragioniamo così, in modo preciso. Però è evidente che respiriamo l'atmosfera di un sito dove migliaia di persone visitano questa o quella mostra. Quindi non studiamo un piatto, ma è evidente che nel vedere quanto succede al Mudec qualcosa resta. Per noi, dare un'occhiata alle mostre è un dovere che diventa sempre un piacere e fa riflettere tra noi...
Un esempio?
«Beh, diciamo che non ho trovato ispirazione per i piatti nelle opere di Basquiat e molte idee in quelle Mirò.
E che le ossessioni che ho visto nella mostra di Kandinsky sono simili a quello di un cuocoIn ogni caso, lo ripeto, è un vantaggio cucinare all'interno di un museo ma non è obbligatorio richiamare quanto avviene fuori dalla sala. Io dico sempre che il mio locale non stonerebbe in altri posti o in altre città ma sono felicissimo che sia al Mudec e a Milano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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