«È intervenuto per senso civico mentre poteva restare a guardare. Chi ha nascosto la verità su come mio padre è stato ucciso, non è migliore del suo assassino». Stefania Magni parla del padre Umberto, 76 anni. l'uomo che il 7 dicembre 2009, in un bar di Ferentino, intervenne per difendere alcuni ragazzi picchiati selvaggiamente da un trentenne e ne rimediò colpi e spintoni fino a fracassarsi la testa contro il bancone del bar. L'uomo perse subito conoscenza e all'arrivo degli operatori del 118 non poté riferire cosa gli fosse accaduto. Ma non lo fecero neanche i presenti. «Nella cartella clinica - spiega Stefania - è contenuto il referto che gli operatori del 118 stilarono in merito al loro intervento e si legge che "il paziente avrebbe avvertito malore il pieno benessere", cioè che secondo i presenti si sarebbe sentito male e cadendo a terra avrebbe riportato le ferite alla testa».
Il racconto della figlia, è pieno di rabbia e dolore. «Al nostro arrivo in ospedale, a Latina dove mio padre venne trasferito d'urgenza, capirono che non si trattava di ischemia cerebrale così come diagnosticato a Frosinone - sottolinea -. Solamente 20 giorni dopo, i carabinieri di Alatri ci hanno informato di quanto accaduto nel bar grazie a immagini del sistema di telecamere a circuito chiuso registrate». Umberto, quel pomeriggio, aveva visto un trentenne che picchiava alcuni ragazzini, probabilmente suoi pusher. L'anziano, che viveva a Ferentino da quasi 50 anni, pensando si trattasse delle prepotenze subite da indifesi minorenni, cercò di convincere il violento a desistere e ne ricavò colpi e spintoni, fino ad essere scagliato con violenza contro il bancone. Nessuno, però, ha denunciato l'accaduto o raccontato il gesto nobile dell'uomo. La verità è emersa solo grazie alle indagini svolte dai carabinieri comandati dal capitano Aldo Iorio e, circa un mese dopo, Alessandro Iori, riconosciuto grazie alle immagini, è stato arrestato per lesioni gravissime. Quattro mesi dopo l'accusa si è trasformata in omicidio dato che Magli è morto in una clinica di Cassino dove, nel frattempo, era stato trasferito. L'anziano non ha mai ripreso conoscenza. Al termine del processo Iori, alcuni mesi fa, è stato condannato a 11 anni di reclusione. Una sentenza che certamente non rasserena Stefania e i suoi fratelli. «Mio padre poteva scegliere di andar via, ha scelto invece, ascoltando il suo senso civico, di difendere un indifeso - dice la donna con le lacrime agli occhi -.
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