Musica Bollani-Gershwin, serata magica

«Ci sono molti Bollani che scorrazzano per l’Italia». La frase è rubata al celebre jazzista Enrico Rava, che così apre la postfazione a «La Sindrome di Bollani», biografia che verrà presentata domani alle 18 presso il bookshop dell’Auditorium. È una frase che sintetizza con semplicità e chiarezza il personaggio, il musicista, l’artista Stefano Bollani, inimitabile concentrato di talento e raffinata ironia che stasera e domani sarà al Parco della Musica. Approda a Roma per interpretare Gershwin, accompagnato dall’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e diretto da Xian Zhang.
È la prima volta che suona con una direttrice d’orchestra cinese?
«Si e ancora non abbiamo provato insieme. Fortunatamente, nel mondo della musica classica non ci sono barriere culturali e linguistiche che tengano».
Ci sarà spazio per momenti di improvvisazione o vi atterrete alle partiture?
«Suonerò la prima parte del concerto da solo, improvvisando liberamente su alcuni temi di Gershwin. Poi suonerò la “Rapsodia in blu” con l’orchestra, ma in realtà anche in quel caso potrò prendermi qualche libertà. Quando l’opera fu eseguita in pubblico per la prima volta, Gershwin non aveva ancora finito di scrivere la parte pianistica e la suonò piuttosto liberamente. Mi sento legittimato a fare lo stesso».
Qualsiasi cosa lei faccia, mantiene sempre un’identità ben precisa. Questa caratteristica ha creato un personaggio decisamente riconoscibile, rarità nel mondo del jazz.
«Faccio tante cose diverse perché mi rappresentano tutte. Per me, semplicemente, la musica è bella o brutta. Anche per questo, ho un pubblico tollerante che ormai è pronto a tutto e viene ai miei concerti proprio per essere sorpreso. Non ho la pretesa di avvicinare al jazz persone che lo guardano con diffidenza, non credo che chi esce da un mio concerto vada a comprare un disco di Miles Davis. Questo non succede anche perché ci vorrebbero dei media che si occupano più a fondo di cultura, spiegando al pubblico cosa faccio, e una scuola che insegni la musica seriamente».
Lei è sempre in giro per il mondo e ogni sera affronta un repertorio diverso. Il jazz e l’abitudine a improvvisare l’aiutano?
«"Mi aiuta anche la formazione classica.

Soprattutto, però, si tratta di una forma mentis che si è plasmata negli anni, perché fin dagli esordi ho collaborato con chiunque. Suonare una sera con il cantante rock e quella dopo con il violoncellista classico insegna rapidamente a liberarsi delle barriere. Mi sento una gazza ladra che ruba e impara da tutti».

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