Che bello il viaggio di Helbig tra cori sacri, video e live electronics

Gran finale della rassegna Inner_Spaces, lunghi applausi per il compositore tedesco che ha trasportato il pubblico in un'altra dimensione. Interessante (e molto attuale) il lavoro dell'autrice francese Mélia Roger

Che bello il viaggio di Helbig tra cori sacri, video e live electronics
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Forse il concerto più intenso della stagione, sicuramente uno dei più complessi allestiti nell'Auditorium, momenti profondi. Gran finale ieri sera per la rassegna "Inner_Spaces" di musica elettronica al San Fedele di Milano, la rassegna ideata e portata avanti da padre Antonio Pileggi, dell'Ordine dei Gesuiti, già pianista e compositore. Diversi minuti di applausi alla fine dell'ultima opera eseguita, per coro a cappella, "I Eat The Sun and Drink the Rain" del compositore Sven Helbing, lui stesso impegnato alla consolle e ai contributi sonori attraverso una tastiera, live electronics. Ma partiamo dal principio.

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Lo spettacolo si è aperto, come di consueto, con la presentazione dello stesso padre Pileggi, coadiuvato dall'esperto Gaetano Scippa, giornalista musicale e organizzatore. I protagonisti di cui hanno parlato, la giovane francese Mélia Roger, promessa della musica elettronica mondiale, e l'autore tedesco Helbing, appunto, una star del suo filone. Per la prima proposta, (titolo "Latent home"), l'autrice sulle note di sala ha scritto: "Il brano prende avvio dal mio archivio di dieci anni di registrazioni sul campo raccolte nelle case dei miei genitori, nel villaggio di Thel (Francia)". Con questo suo lavoro, proposto in modalità acusmatica - musica creata per essere ascoltata tramite altoparlanti - ha raccontato la presenza silenziosa delle monocolture forestali circostanti e le voci timide della fauna selvatica. Dimensione dell'ascolto al buio, l'ascolto in sala come esperienza totale, senza alcuna "distrazione". Modalità che il pubblico del San Fedele ormai conosce assai bene.

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Diverso il discorso "live" per Helbig, il lavoro che il musicista ha presentato è un ciclo per coro e musica elettronica, dal carattere melanconico, cupo nostalgico. Dice il compositore: si tratta di "un viaggio poetico alla ricerca di ciò che chiamiamo umano. Itinerario in dieci tappe più un preludio e sette interludi elettronici. Alla ricerca di un’interiorità personale che tenta di decifrare stati d’animo, timbri, paesaggi, sentimenti segreti e desideri reconditi, in un altalenarsi di simbolismo, ermetismo e spiritualismo".

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Alla

fine ovazioni anche per il direttore Wilhelm Keitel e il coro formato da coristi e solisti tutti ucraini. Grande apprezzamento anche per il visuals che ha accompagnato l'esecuzione musical-corale, a cura di Mani Sigfusson.

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