
Quando Mary Austin, la donna che Freddie Mercury chiamava “l’amore della mia vita”, decise di mettere all’asta 1.406 oggetti appartenuti a quello che io ho definito “l’unica divinità non inventata dall’uomo”, molti fan ci sono rimasti male. Altri hanno pianto. Altri sono corsi a Londra per vedere la mostra allestita da Sotheby’s. Alcuni (tra cui io, che nel mio romanzo Volevo essere Freddie Mercury, scritto con Giulia Bignami, facevo incursione a Garden Lodge per legare Mary Austin) si sono semplicemente infuriati.
Era il 2023, e il patrimonio sentimentale di Freddie veniva venduto al miglior offerente, pezzo dopo pezzo, etichettato come un qualsiasi lotto da Sotheby’s. Un’operazione da 40 milioni di sterline, che Mary ha giustificato con un gelido: “Devo mettere ordine nella mia vita.” Ma che ordine devi mettere? Ha un patrimonio di 187 milioni di sterline, grazie al lascito di Freddie. Ok, cavoli suoi. Ma se sei la persona che è stata vicina alla leggenda (e sei milionaria per quello) devi aspettarti le critiche.
Comunque oggi, quasi due anni dopo, il Sun rivela una verità che commuove e allo stesso tempo indigna: la sorella di Freddie, Kashmira Bulsara, ha speso segretamente 3 milioni di sterline per cercare di ricomprare almeno una parte degli oggetti del fratello. In incognito, con l’aiuto del figlio Jamal e della sua assistente, ha partecipato all’asta cercando di non farsi riconoscere da Mary. Ha scelto con cura, ha rilanciato, ha speso anche molto più del valore stimato. Perché non si trattava di valore economico. Si trattava di memoria.
Tra gli oggetti acquistati:
- il gilet con i ritratti dei sei gatti di Freddie, indossato nel video di These Are the Days of Our Lives, l’ultimo girato prima della sua morte, indossato nel video da un Freddie emaciato, zoppicante, distrutto ma determinato a cantare fino all’ultimo respiro
- una giacca militare creata per il suo 39° compleanno (£457.200)
- una bozza manoscritta dei testi di “Killer Queen” (£279.400)
- un jukebox Wurlitzer (£406.400)
- una felpa Nike, una lampada artigianale, e altri pezzi sparsi del suo universo personale
E è qui che la rabbia ritorna: Mary ha scelto di liberarsi di ogni ricordo, e lo ha fatto nel modo più redditizio possibile. Non ha donato. Non ha curato. Ha incassato. Però mi viene anche da pensare: e gli altri? Brian, Roger? John, che da quando è morto Freddie si è rinchiuso in casa? Nessuno che si sia messo d’accordo per dire: “Compriamo tutto, facciamo un museo, creiamo un luogo dove i fan possano sentire ancora la sua voce tra gli oggetti.” Nulla. Solo silenzi, ricordi social, anniversari commemorati con un post.
A salvare qualcosa è stata solo lei, Kashmira (almeno da quello che sappiamo), che avrebbe avuto ogni diritto di fare rumore, ma ha scelto il silenzio e l’azione. Mentre gli altri guardavano, lei agiva. Mentre Mary incassava, lei proteggeva. E oggi che il Sun ci racconta questa storia, non possiamo che inchinarci a quella dignità che, per un attimo, ha riportato Freddie a casa.
Freddie voleva essere una leggenda. E lo è. Ma ogni leggenda ha bisogno di custodi.
E se i Queen, la casa discografica, i manager e Mary Austin hanno voltato le spalle a quella responsabilità, almeno possiamo dire che sua sorella ha fatto quello che era giusto. Senza clamore, senza gloria. Ma con amore. Quell’amore che Freddie ha sempre cantato, e che non ha sempre espresso come qualcosa di doloroso e complicato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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