"In questi inediti c'è il genio di papà in purezza"

Con quel sorriso, così jannacciano da sembrare proprio di Enzo, non c'è neanche bisogno che Geppetto racconti cosa c'è dentro Qualcosa da raccontare - Tra inediti e rarità

"In questi inediti c'è il genio di papà in purezza"
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Paolo Jannacci, dieci anni dalla morte di suo padre

«E abbiamo pensato tanto ai modi per celebrarlo. Fare un disco con tanti artisti che lo cantavano, un disco di me che lo canto, un disco con inediti e rarità».

Avete scelto la terza.

«Avevo paura che i nastri con gli inediti di papà si disintegrassero per il tempo».

Lei lo chiama sempre «il papà».

«E lui mi chiamava Geppetto perché facevo i lavori di casa».

Con quel sorriso, così jannacciano da sembrare proprio di Enzo, non c'è neanche bisogno che Geppetto racconti cosa c'è dentro Qualcosa da raccontare - Tra inediti e rarità, il vinile che esce oggi venerdì 17 e raccoglie registrazioni private dei primi anni insieme con tre brani inediti, Non posso sporcarmi il vestito, Con le mani sopra il viso e Il vestito dell'altro ieri. C'è anche una strepitosa versione dal vivo di Les feuilles mortes registrata durante una tournèe jazz dei primi anni Duemila che «il curatore del progetto, il grande Tony Verona, ha proprio insistito per mettere in scaletta». E nei primi provini di Soldato Nencini o El portava i scarp del tennis ci sono le scintille della genialità surreale di Enzo Jannacci, artista fuori catalogo perché incatalogabile, musicista, autore, compositore, cabarettista.

Quindi cosa c'è in Qualcosa da ascoltare?

«C'è un Jannacci in purezza».

Lei pensa che a dieci anni dalla morte sia stato celebrato abbastanza?

«A lui queste cose non sono mai interessate, e neanche a me. Mi ha insegnato a vivere senza aspettarmi nulla dagli altri. Se ti guadagni qualcosa, è perché te lo sei meritato. Ma nessuna aspettativa. Quando il papà è mancato, non mi aspettavo nessuno ai funerali».

E ora?

«Vedo che sempre più persone si entusiasmano per il papà e i suoi brani».

A proposito, uno dei suoi brani più significativi, El portava i scarp del tennis, è sempre più attuale.

«C'è una interessante concomitanza di fattori artistici: quello attoriale, quello autorale e quello sociale. Oggi brani così non si scrivono più, anche musicalmente quel brano è centratissimo».

Non posso sporcarmi il vestito è anche nel bel docufilm di Giorgio Verdelli presentato a Venezia, Enzo Jannacci - Vengo anch'io.

«Verdelli ha fatto miracoli con la sincronizzazione. Ha sdoganato mio papà. È un film emozionante perché è vero».

Nel disco ci sono anche titoli firmati da Dario Fo come La luna è una lampadina.

«Il papà lo ha sempre definito come il nostro Molière».

Ci sono altri inediti di Jannacci che potrebbero essere pubblicati?

«No, diciamo che canzoni davvero inedite non ce ne sono. Magari ci sono dei provini, dei take negli archivi di qualche discografico ma sono al di fuori della mia portata. Tutto quello che ha inciso mio papà ora è pubblico».

Papà è un simbolo della Milano di fine Novecento. Che cosa proverebbe nella Milano di oggi?

«Uscendo di casa cercherebbe di salvare qualcheduno dalla rabbia, come ha sempre fatto, con un sorriso o un buffetto. Certo, si troverebbe in un caos molto diverso da quello cui era abituato».

Ossia?

«Lui ha vissuto nel caos creativo. Oggi mi sembra molto distruttivo. È legato alle paure più profonde del nostro animo. E questo porta gli autori a sconfinare spesso nel pressapochismo».

Si sente.

«I giovanissimi hanno capito che con la musica si può far soldi velocemente. E, se fai soldi velocemente, non hai bisogno di approfondire molto, e per molto tempo».

A proposito, lei quando fa il suo prossimo disco?

«Eh ci sto lavorando da così tanto tempo che rischio di farlo uscire postumo».

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