Il caso Ghali esplode a Sanremo quasi a scoppio ritardato. Finito il Festival restano le polemiche, complice anche la speciale puntata di Domenica In con Mara Venier sotto accusa (della sinistra) per aver letto il comunicato dell’Ad Roberto Sergio su Israele e per aver “stoppato” la predica immigrazionista di Dargen D’Amico. Se ne è parlato anche a Quarta Repubblica durante il “tavolo per due”, l’irriverente blocco a fine puntata in cui Nicola Porro dismette la cravatta e duetta con Giuseppe Cruciani sulle notizie della settimana.
Come noto, Ghali per ben due volte nel giro delle cinque serate dell'Ariston ha scatenato l’ira delle comunità ebraiche. La prima volta per la sua canzone, che sembra avere non pochi riferimenti all’attualità in Medio Oriente, benché sia stata scritta prima del 7 ottobre. Walker Meghnagi, della comunità ebraica di Milano, aveva messo nel mirino il testo di Casa Mia, il brano portato al Festival dal rapper di origine tunisina. “Una esibizione che ha ferito molti spettatori - ha lamentato Meghnagi - Ghali ha proposto una canzone per gli abitanti di Gaza, ma a differenza di Ghali non possiamo dimenticare che questa terribile guerra è il prodotto di quanto successo il 7 ottobre. Non possiamo accettare che nella nostra Italia, nel paese dei nipoti di quanti hanno stilato le Leggi Razziali, si possa spacciare una tale propaganda anti-israeliana, in prima serata, sulla televisione pubblica”. Ghali aveva risposto per le rime, rivendicando il diritto - anzi il dovere - di prendere una posizione “perché il silenzio non suoni come un assenso”.
Il rapper è poi tornato sulla guerra in corso nella Striscia di Gaza, stavolta a gamba tesa. Dopo l’esibizione in finale, che l’ha visto posizionarsi di poco fuori dal podio, Ghali ha urlato al microfono “stop al genocidio”. Frasi che hanno fatto saltare sulla sedia l’ambasciatore israeliano in Italia Alon Bar, convinto sia “vergognoso” sfruttare il palco di Sanremo per “diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile”. Nessuno, neanche Amadeus, ha peraltro trovato un minuto per ricordare i 360 giovani trucidati da Hamas proprio mentre partecipavano ad un festival della musica. Da lì il patatrac successivo: la nota ufficiale dell’Ad Roberto Sergio letta in diretta tv da Mara Venier, le polemiche politiche, eccetera eccetera eccetera.
A stanare l’ipocrisia del cantante ci ha pensato ieri Cruciani a Quarta Repubblica. “Io dico che Ghali ha il diritto di esprimere in ogni circostanza il suo parere - spiega il conduttore della Zanzara a Nicola Porro - Ma io non sopporto l’ipocrisia". L'ipocrisia di chi prima lancia il sasso ("stop al genocidio") e poi si nasconde dietro al vittimismo del "non si può nemmeno fare appelli alla pace". "Nelle spiegazioni successive e nella risposta all’ambasciatore israeliano - fa notare Cruciani - Ghali che cosa fa? Dice: ‘C’è la politica del terrore, non ci vogliono far parlare e ho citato solo la pace’. A parte che non è vero, qui tutti possono dire tutto. E poi fa il furbetto: a Sanremo non ha parlato di pace, ma sostanzialmente ha detto che Israele è uno stato di assassini che vuole sterminare un popolo”.
Se avesse fatto un appello generico alla fine delle ostilità, ancorché inutile, non vi sarebbe stato alcun problema. Ma lui, spiega Cruciani, "ha pronunciato quella parola - genocidio - che non c’entra nulla”. Colpito e affondato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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