"Nato con i Blues Brothers ora canto con Topo Gigio"

Intervista a Lucio Corsi. A Sanremo intonerà "Nel blu dipinto di blu" con il pupazzo italiano più famoso nel mondo

"Nato con i Blues Brothers ora canto con Topo Gigio"
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Lucio Corsi, lo sa che i social sono impazziti all'idea di vederla a Sanremo con Topo Gigio?

«Per me la musica è di per sé surreale, senza un corpo reale e quindi si presta perfettamente a unirsi a Topo Gigio, un personaggio che esiste ma non c'è».

Canterete Nel blu dipinto di blu.

«Che è un brano senza tempo, è la canzone delle canzoni perché parla del volo e dell'aria. Quante canzoni di Dalla e Battisti parlano di volare e di staccarsi dal suolo? Anche De Gregori così come tanti altri».

E poi c'è il blu.

«Le mille bolle blu, Il cielo è sempre più blu, è il colore preferito del nostro pop».

Anche nelle pieghe dello sguardo, Lucio Corsi ha la malinconia sognante del cantastorie. Viene da una frazione di Castiglione della Pescaia, provincia di Grosseto, ha 31 anni ma anche lui è senza tempo, nel senso che vive oggi ma preferirebbe ieri o l'altro ieri, quando il rock era glam, la canzone era triste triste come cantava Ivan Graziani e la musica «era una via di fuga da una vita grigia». Con tre dischi e centinaia di concerti si è conquistato rispettabilità nella scena «indie». Con l'apparizione in Vita da Carlo 3, curiosamente in qualità di concorrente di Sanremo scelto caparbiamente da Verdone, si è affacciato alla notorietà. Con Sanremo entrerà nell'hashtag nazionalpopolare che garantisce fama trasversale (poi in tour nei club dal 13 aprile). «Ma per me non è un traguardo, è un passaggio». Ne parla seduto al tavolo di una trattoria milanese alla vecchia maniera, tovaglie a quadretti e ospitalità sorridente, di fianco a Mario detto Millelire, signore gentilissimo con un barbone tipo Giuseppe Verdi (o anche Marco Polo) sulle banconote appunto da mille lire, suo compagno «di tanti pranzi di tutti i giorni qui nella trattoria». Se c'è un'anima pura sulla rotta per Sanremo, credeteci, è quella di un artista che in gara canterà Volevo essere un duro bussando dolcemente alla porta di casa degli italiani. Un modo personale, insomma, di dire «ciao eccomi qua».

Però, dai, dalle esibizioni per strada al Festival di Sanremo il passo non è poi così breve.

«Lo vedo come una esperienza formativa. Tutti dicono che sia un frullatore, io non lo so ancora».

Ma nel frattempo...

«Nel frattempo ho pensato che anche lì sarà importante suonare degli strumenti, suonando per strada si impara a come richiamare l'attenzione dei passanti».

Chitarra a tracolla.

«Spero di stare tutta la vita in tour come fa Bob Dylan, l'armonica a bocca e una band che conosce da quando andava a scuola. L'amicizia oltre la musica».

L'idea del «duro» è molto rock.

«In realtà questo è un brano tra folk e rock'n'roll».

L'atmosfera è decadente e malinconica come quella del glam dalla fine degli Anni Settanta.

«L'avevo scritta per il disco, manco avevo in testa di andare al Festival».

Il filo conduttore?

«Sono le contraddizioni che viviamo ogni giorno, con il mondo che ci vuole indistruttibili con la solidità dei sassi e la perfezione dei fiori, senza dirci però che i fiori sono appesi a un filo».

Di che cosa parla?

«Ammesso che questa canzone abbia una bocca, parla di quanto sia normale diventare altro rispetto a quanto di sognava di diventare».

Lei cosa sognava?

«Da bambino volevo fare il paleontologo, poi il cacciatore di insetti e a 10 anni scrissi anche una canzone sulle larve di cetonia, ma alla fine volevo fortemente diventare un disegnatore di auto».

E invece.

«Mamma e papà mi fecero vedere il film The Blues Brothers. Rimasi estasiato. Sotto il mento ho ancora una cicatrice perché caddi mentre provavo a imitare il ballo di Jake ed Elwood. In quel film i musicisti sono veri super eroi».

Anche lei si sente «in missione per conto di Dio»?

«Scrivevo il mio nome sulle dita per imitare i loro tatuaggi».

Mica sarà così attento al look, al guardaroba?

«In passato ho collaborato con Alessandro Michele e Gucci. Ma era un progetto diverso, ora è tempo di puntare l'attenzione sugli strumenti».

Ma le piace il glam rock alla Bowie e T.Rex.

«Il glam era fatto di musicisti che usavano stracci luccicanti solo per dare un colore alla vita che avevano intorno».

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