Era stato accusato di violenza sessuale ai danni di una ragazza minorenne, all'epoca dei fatti. Ed era stato oltretutto giudicato colpevole e condannato a quattro anni di reclusione, in primo grado. La Corte d'Appello de L'Aquila però ha ribaltato il verdetto, in quanto la versione della presunta vittima di abusi avrebbe presentato secondo i magistrati una lunga serie di incongruenze, giudicate incompatibili con una ricostruzione verosimile dell'accaduto. E così, un alpino di 35 anni originario di Parma (e residente a Reggio Emilia) è stato assolto nelle scorse ore dall'accusa, per una vicenda che risale a circa otto anni fa. Stando a quanto riportato dai media emiliani, era infatti il 2015 quando il capoluogo dell'Abruzzo ospitò il raduno nazionale degli alpini, al quale il trentacinquenne prese parte.
Durante la manifestazione, conobbe quindi la giovane, con la quale consumò un rapporto sessuale. Nei giorni successivi, tuttavia, la donna denunciò di essere stata stuprata e la storia approdò in tribunale: oltre all'alpino, nei guai finì anche un venditore ambulante, sempre per il medesimo motivo. E il processo, celebrato qualche anno fa, vide inizialmente la condanna di entrambi gli imputati. Gli stessi che tuttavia, convinti nel dimostrare la propria innocenza, decisero di ricorrere in Appello. E stavolta, gli ermellini si sono espressi a loro favore, facendo notare le contraddizioni emerse durante le varie audizioni della parte offesa. La ragazza infatti, nel corso dell'audizione protetta, avrebbe fornito versioni progressivamente e sensibilmente diverse non solo con riferimento alla identità di chi l'avrebbe violentata (inizialmente indicati come due sconosciuti) ma anche in merito alla complessiva dinamica degli avvenimenti.
Alla psicologa aveva dapprima riferito di aver visto per la prima volta i due individui che poco dopo la avrebbero stuprata, ma nelle successive dichiarazioni in sede di esame protetto avrebbe in parte ritrattato, parlando invece di una conoscenza con gli imputati avvenuta il giorno precedente l'episodio in questione. Nella sentenza si legge inoltre che, all’epoca delle prime rivelazioni, la minore era ricoverata in una struttura psichiatrica a causa di gravi disturbi depressivi ed era sottoposta a cure farmacologiche. Ciò che avrebbe inficiato gravemente le sue dichiarazioni, secondo i magistrati, è l’insanabile contrasto tra la sua ricostruzione dei fatti e le altre emergenze processuali.
Dalle indagini infine non sono emersi contatti telefonici tra i due imputati. Da qui, il nuovo verdetto: l'alpino e il venditore non si conoscevano ed ebbero rapporti sessuali consenzienti con la giovane in due momenti diversi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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