Denaro facile esibito come trofeo sui social network come TikTok e Instagram, il lusso usato come esca per attirare (facilmente) i ragazzini, addestrati a a fare le estorsioni da una camorra che ha sposato così bene la causa delle pari opportunità che adesso comandano le donne. Al di là dell’aspetto più strettamente giudiziario, l’inchiesta condotta dalla Dia e coordinata dalla Dda di Napoli che ha portato al blitz contro il clan di camorra Amato-Pagano disvela il volto più pericoloso della nuova Gomorra, accusato di estorsione, detenzione di armi, riciclaggio, reimpiego dei proventi criminali e trasferimento fraudolento di valori, oltre ai reati connessi al narcotraffico, principale fonte di reddito del clan grazie agli agganci in Spagna e a Dubai.
Tra le 53 persone arrestate nel clan dei cosiddetti «Scissionisti» c’è anche Rosaria Pagano, che nonostante sia detenuta al 41bis continuava a reggere il sodalizio. Dal quadro delle indagini confluite nell’ordinanza emessa dalla gip Isabella Iaselli, che ha disposto la custodia cautelare in carcere per 43 indagati e gli arresti domiciliari per gli altri 10, i presunti camorristi sfoggiavano la loro ricchezza, pubblicavano foto e video di orologi d’oro, di macchine di lusso come Ferrari e Lamborghini. Un’esibizione di potere a cui Gratteri è poco abituato, visto che anche la ’ndrangheta non disdegna i social come canale di reclutamento ma giammai dà dimostrazione del suo potere, preferendo camaleonticamente una vita nascosta e dimessa. D’altronde, lo abbiamo imparato con le sciagurate fiction, è il fascino del male il nemico più pericoloso per le nuove generazioni, prive di eroi, in una terra «senza buoni».
«Dobbiamo strappare i giovani alla logica dell’ostentazione del lusso e del denaro facile evitando qualsiasi tipo di affiliazione ed esaltazione della criminalità», scrive su X il presidente della commissione Antimafia Chiara Colosimo, che ha ringraziato gli inquirenti e il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri «per l’eccellente risultato raggiunto che ci permette di avere un quadro chiaro e completo di come le mafie, tutte, si muovono e si evolvono».
Lo stesso Gratteri sottolinea che la necessità del clan scissionista di farsi «pubblicità» passa dall’apparire «un soggetto vincente per convincere tutti questi disperati ad entrare nell’organizzazione criminale per diventare ricchi e potenti», in una realtà come quella dei comuni dell’area nord di Napoli come Mugnano e Melito in cui il tessuto economico era strangolato dal sodalizio e dove commercianti e imprenditori erano vittime di estorsioni e ogni forma di business che prima doveva passare il vaglio della camorra. Il direttore della Dia di Napoli, Michele Carbone, ha citato il caso di un imbianchino che ha dovuto versare al clan una percentuale dei 3mila euro guadagnati con un lavoro privato. «La ragione dell’estorsione - ha sottolineato Gratteri - non è nel guadagno, ma è nel messaggio.
Chi comanda, sul territorio deve controllare tutto, anche il battito cardiaco. Il potere e il controllo non sono solo i soldi, quelli sono l’atto finale, il risultato. L’esternazione del potere è più importante». Addirittura, nel periodo a ridosso delle feste di Natale, la quasi totalità dei commercianti di Melito era costretta a comprare i cosiddetti «gadget natalizi», con un cospicuo incremento della cassa del clan, con i componenti delle principali famiglie che arrivavano a guadagnare 8mila euro al mese.
Denaro facile per un territorio disgraziato e dimenticato dalla stampa mainstream, sfruttato per arricchire i presunti cantori dell’antimafia e le loro fiction milionarie, mentre i «buoni» e chi resta in trincea come il «prete di periferia» don Maurizio Patricello rimangono da soli a rischiare la vita e a combattere i clan nella Caivano quasi ripulita dalle misure e dagli sgomberi dell’esecutivo, un quartiere su cui Roberto Saviano non spende che poche parole di circostanza. Il male si esibisce, il bene si vergogna. Ed è un peccato mortale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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