Il collasso delle Rsa: rette non pagate e gratuità impossibile

Il caos nasce dall’ultima sentenza della Cassazione che concede a un cittadino di non pagare le rette mensili dell’istituto in cui è ricoverata la madre malata di Alzheimer. I giudici e i cittadini chiedono che le quote siano coperte per intero dal Ssn. Ma tutto rischia di diventare la storia di un diritto irrealizzabile

Il collasso delle Rsa: rette non pagate e gratuità impossibile

Rsa al collasso. Da un lato ci sono i parenti dei malati di Alzheimer che si rifiutano di pagare le rette mensili e chiedono i rimborsi di quelle già versate. Dall’altro le direzioni delle strutture, che sono sommerse da valanghe di ricorsi e cominciano ad avere problemi di bilancio, tanto che, se vanno avanti di questo passo, a breve rischiano di non avere nemmeno i soldi per gli stipendi del personale.

Cosa sta accadendo? Il clima è quello dell’impasse, non più sopportabile. Serve una riforma per alleggerire la spesa mensile delle famiglie (molto alta) ma pensare di rendere gratuite le Rsa è una strada impraticabile. Risultato: il circolo vizioso in atto rischia di trasformarsi nella storia di un diritto impossibile.

Cosa ha stabilito la Cassazione

Tutto nasce da una sentenza della Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso presentato da un cittadino milanese, Marco Gaito, e gli ha riconosciuto il diritto a non pagare la retta della Rsa in cui la madre, malata di Alzheimer ora deceduta, era ricoverata.

Un precedente importante che ovviamente ha acceso non solo le famiglie degli anziani affetti da Alzheimer ma anche i parenti di tutti gli ospiti delle Rsa. «Le rette devono essere a carico del Sistema sanitario» sostengono giudici e famiglie. Ma come sarebbe possibile? Stiamo parlando di circa 360mila ospiti e di un tesoretto complessivo di rette pari a qualcosa come 13 miliardi all’anno. Una manovra impensabile, soprattutto in questo momento, per il nostro sistema sanitario. Insomma, difficile immaginare che il Governo trovi una cifra del genere.[TITOLO-BLU]

Salasso rette

Tuttavia qualcosa va fatto: le rette sono alte, troppo, si aggirano in media fra i 2.500 e i 3.200 euro al mese per paziente. Di fatto sono insostenibili per molte famiglie. Al momento funziona così: il 50% della retta (la quota sanitaria) è già a carico del Ssn, l’altra metà (la quota alberghiera o sociale) è compartecipata tra Comune e il cittadino in base al suo reddito Isee. «Se si fa largo l’idea della quota esclusivamente sanitaria e quindi a carico del Sistema sanitario, si arriverà al collasso del Ssn - interviene Andrea Lopez, avvocato del settore socio sanitario - Consideriamo che tra dieci anni avremo da gestire l’onda anomala dei <CF201>baby boomers</CF> e questo renderà la spesa ingovernabile. Il punto è un altro: le Regioni rispettano la quota di compartecipazione del 50%? La risposta è no».

Rimbaorsi a forfati

Semplificando, accade questo: le Regioni, anziché compensare la quota del cittadino in modo proporzionale, caso per caso, pagano le strutture con un <CF201>forfait</CF> calcolato con il criterio della spesa storica in base al numero di posti letto accreditati e a contratto. Ma le quote sono ferme a oltre 10 anni fa e non corrispondono alla richiesta di cure di ospiti sempre più compromessi, che oggi hanno una necessità e una qualità più alte. Insomma la «compartecipazione» è ben lontana da quel che dovrebbe essere. «Già rispettare le previsioni dei Lea (livelli essenziali di cura) e correggere questo aspetto - sostiene Lopez - sarebbe estremamente utile, anche ad alleggerire la spesa a carico delle famiglie, a rendere tutto più proporzionato. È auspicabile che le istituzioni intervengano per garantire il rispetto dei Lea».

«Il grande nodo della sentenza della Cassazione - sostiene Sara Gioia, direttrice della Rsa Accorsi di Legnano - è aver reso inscindibile la spesa alberghiera e quella sanitaria. In realtà, per gli ospiti con Alzheimer o demenze, più che l’intervento sanitario del medico serve quello degli operatori socio sanitari».

infografica anziani

Le altre sentenze

Quella della Cassazione non è l’unica sentenza «elimina rette». La giurisprudenza ne è piena: c’è la sentenza di Verona del 2016, quella del Tribunale di Brescia del 2016, del Tribunale di Milano nel 2015, del tribunale di Treviso, stesso anno. Vari i pronunciamenti dal 2022 ad oggi. Esemplare la sentenza del 2012: la Cassazione valuta (con 20 anni di ritardo) il caso di un paziente del 1990 e applica la legge che vige in quell’anno, cioè la 833 del 1978 (salto indietro di altri 12 anni), che prevede Rsa e ospedali gratuiti per tutti. In seguito arriva la riforma sanitaria che garantisce «tutto a tutto in base alle disponibilità», e poi ancora la riforma dei Lea, che assicura i livelli essenziali di cura, come oggi.

Le reazioni

A parte i ricorsi delle famiglie (che rischiamo di comportare, oltre alla retta, anche una spesa legale che non verrà rimborsata), la sentenza della Cassazione ha suscitato una serie di reazioni. Legacoopsociali ha firmato insieme ad Aiop, Anaste, Ansdipp, Airs, Aris, Confapi, Diaconia Valdese, Uneba e Uripa una richiesta di incontro al ministro della Salute Orazio Schillaci, alla viceministra Maria Teresa Bellucci e al presidente della Conferenza Regioni Massimiliano Fedriga «per avviare un tavolo tecnico per la definizione delle soluzioni più idonee per il contenimento della spesa e la limitazione dei contenziosi». Tutti ben consapevoli che una soluzione va trovata in tempi brevi.

Forza Italia si renderà promotrice di iniziative presso i ministeri e nelle sedi parlamentari, perché siano stanziate risorse adeguate e siano messe in campo tutte le azioni necessarie a sostenere i pazienti e i loro familiari. «Ci siamo assunti l’impegno di trovare una soluzione - spiega la senatrice Fiammetta Modena - Ovviamente entro i vincoli di bilancio. Uno dei nostro obbiettivi è renderere omogenei l’assistenza e il numero di posti letto».

Il deputato della Lega Salvini, Gianangelo Bof, ha presentato un’interrogazione in Parlamento: «A fronte del crescente numero di cause intentate dai familiari contro le Rsa, si valuti un intervento normativo che chiarisca in modo definitivo la questione, anche per evitare che le Rsa si trovino nella situazione di non ricevere il compenso né dai familiari né dal Ssn».

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