È arrivata per prima, e lo ha aspettato. È scesa dall'automobile lentamente; poi ha percorso in carrozzina il tappeto rosso lungo il quale, poco dopo, sarebbe passata la bara di suo marito, fino alla sala Nassiriya di Palazzo Madama. Clio Napolitano ha avuto un sorriso per tutti. Il suo Giorgio era avvolto nel Tricolore e circondato da quei segni e quelle manifestazioni del cerimoniale che competono alle massime cariche della Repubblica, che lei ha sempre mostrato di non apprezzare granché. Ma è rimasta seduta lì, vicino a lui, fino all'ultimo. Come ha sempre fatto.
Un cappellino nero, un tailleur pantalone nero, sandali ai piedi, una sciarpa al collo, una spilla e le immancabili perle. Lunghe, lunghissime, quanto il tempo trascorso accanto all'amore di una vita: sessantaquattro anni di matrimonio solidissimo quanto la fede comunista di Clio e Giorgio, sposi al Campidoglio nel 1959 e, da allora, sempre insieme. Certo, il credo del Partito imponeva il rito civile, ma paradossalmente la loro unione è stata, e sarà sempre, sigillata una Forza superiore. Quell'amore traspariva ieri negli occhi di Clio, dieci anni più giovane del marito: ottantotto, portati con il piglio che l'ha sempre contraddistinta. Un piglio così autentico da non avere bisogno di esternazioni: che sia sempre stata una donna tutta d'un pezzo, Clio Napolitano non ha mai avuto alcun bisogno di dimostrarlo. Perciò, quando il marito è diventato presidente della Camera dei deputati, nel 1992, lei ha lasciato la carriera da avvocato del lavoro, per evitare qualsiasi - diciamo così - conflitto di interessi. E quando il marito è diventato Presidente della Repubblica non ha mai cercato un palcoscenico per sé stessa: lo ha accompagnato nelle occasioni ufficiali e nei viaggi all'estero, ma senza mai volersi mostrare protagonista. Il che non significa che sia rimasta in ombra, anzi: impossibile non apprezzare la sua eleganza, che talvolta l'ha portata anche a osare colori poco «ortodossi» per una first lady, la sua bellezza, il suo carattere, il suo essere sempre lì a offrire il suo braccio. Chi fosse il vero Presidente è sempre stato chiaro. Non c'è mai stata necessità di rimarcarlo.
Perciò anche ieri, nella prima uscita pubblica senza Giorgio, si è comportata esattamente come durante i loro nove anni di vita al Quirinale. È arrivata poco prima delle 10, quando al Senato è stata aperta la camera ardente, e se ne è andata poco prima delle due. E, mentre riceveva i rispetti del presidente Mattarella, della premier Meloni e di Papa Francesco, oltre che di tutta la schiera di chi si è messo in coda per l'ultimo saluto al marito, Clio è rimasta accanto a lui, un passo indietro all'apparenza, una radice inamovibile di quella coppia inossidabile nella realtà. Senza esibizionismi, eppure assolutamente presente: coi sorrisi gentili, la compostezza, e il senso di luminosità e di nostalgia insieme che emanava, come a staccarsi da tutta quella ritualità che, pur rispettandola, non le è mai andata a genio. Ai tempi della presidenza del marito si mise in coda per visitare la mostra di Vermeer (alle Scuderie del Quirinale...), insistendo per pagare il biglietto. Volle alloggiare al Palazzo della Panetteria, anziché al Quirinale, e un giorno, attraversando le strisce, fu investita e si ruppe una gamba e un braccio. Amava tornare a casa sua e di Giorgio, al rione Monti, dove hanno abitato per tutta la vita. Vita reale: il lavoro, i due figli, i nipoti, le sigarette, il bar, le vacanze a Stromboli.
Ora, in quella casa, il suo Giorgio non c'è più.
Clio, che porta il nome della prima delle Muse, ha sempre saputo che certe apparenze non sono sostanza. E allora stringe un po' il cuore ad immaginarla in quella casa, quando si sarà tolta il suo filo di perle, e non avrà a chi raccontare la sua giornata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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