L'identikit del giornalista investigativo secondo Milena Gabanelli

Chi è e come lavora un giornalista investigativo? Ce ne parla Milena Gabanelli, primo grande ospite della masterclass di The Newsroom Academy

L'identikit del giornalista investigativo secondo Milena Gabanelli

Il giornalismo investigativo non è fatto solo dal brivido di mettere insieme i pezzi di una verità scomoda. O dall’aspirazione di raccontare il mondo e magari, anche, di aggiustarlo un po’. Fare inchiesta è soprattutto un mestiere difficile, rischioso, che parte da “un gradino basso” e, spesso, non porta da nessuna parte. Di cosa attende chi si mette in testa di fare questo lavoro, e perché ne vale comunque la pena, ne abbiamo parlato con il primo grande ospite della masterclass di videogiornalismo investigativo di The Newsroom Academy: Milena Gabanelli, giornalista, autrice tv e conduttrice di programmi d’inchiesta Rai come il celebre Report, dal 2017 collabora con La7 ed il Corriere della Sera, dove cura la rubrica d’inchiesta Dataroom.

In una delle tue ultime inchieste, quella sulle ong che si dichiarano no profit senza esserlo, alcune, dopo che le hai contattate, hanno corretto la denominazione. È lì, in quel "pezzo di mondo" messo al suo posto, che si trova il senso di fare questo lavoro?

Il senso, e la grande responsabilità, sta nell’informare nel modo più corretto e oggettivo possibile, perché quando un cittadino sa come stanno le cose è in grado di fare scelte consapevoli.

Per fare il giornalista d’inchiesta allora bisogna essere ottimisti: sperare di poter aggiustare le cose?

L’ottimismo è necessario per vivere, in qualunque professione, e quando si lavora bene qualcosa succede sempre… presto o tardi.

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L’ottimismo non può essere insegnato, ma il metodo di lavoro sì. Quanto conta un buon metodo per portare a casa un’inchiesta?

Anche l’ottimismo si impara, acquisendo fiducia in se stessi, e questo richiede tempo, come il metodo. Io l’ho maturato facendo tanti errori. È il motivo per cui bisogna fare esperienza partendo da un gradino basso, dove lo sbaglio non può fare troppi danni.

E qual è il tuo?

In un’inchiesta il mio metodo è quello di immaginarmi in un tribunale, dove ogni cosa che dico deve essere sostenuta da prove. Oltre al metodo, serve anche intuito.

Come si capisce se una pista è buona e quando invece bisogna mollare?

Prima dell’intuito serve la curiosità e la voglia di capire. I fatti che non si capiscono sono sempre ottimi obiettivi. Una pista è buona quando la fonte è autorevole e la documentazione è puntuale.

masterclass

Una pista che hai mollato, ma ti sei pentita, e vorresti riprendere?

Ho mollato diverse piste perché ad un certo punto non finivano da nessuna parte, o in un vicolo cieco, o avrebbero richiesto tempi lunghissimi (anni), per esempio i broker nel mercato del gas. Pronta a riprenderla se le fonti ci ripensassero.

Se dovessi fare l’identikit del giornalista investigativo: tre caratteristiche che deve avere e a cosa deve essere pronto chi si iscrive alla masterclass?

Capacità di analisi, la struttura per reggere il rischio e le pressioni, e la scrupolosità di non trascurare i dettagli. Caratteristiche che si scopre di possedere o meno strada facendo.

Iscriversi ad un corso di giornalismo investigativo non è molto diverso da iscriversi ad un corso di pittura: uno lo fa perché gli piace l’idea, pensa di sentirsi portato e ha i soldi per pagarlo. La teoria aiuta, ma poi la pratica è tutt’altra storia.

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