Difficile non sentirsi coinvolti. Se si hanno dei figli, la vicenda che sta interessando il più giovane dei tre ragazzi del nostro presidente del Senato interroga tutti noi. Ci mette di fronte al peso della nostra genitorialità. Anzi, del nostro essere padri ovvero madri, perché soprattutto in casi come questi risalta la differenza tra le due modalità di essere genitori. Lo si comprende bene - a parte le questioni di opportunità politica - dalle differenti reazioni avute rispettivamente da Ignazio La Russa, padre di tre figli maschi, e da Giorgia Meloni, madre di un’unica figlia femmina. Con il primo che difende la posizione del suo terzogenito, e la presunzione che si sia trattato di un rapporto consensuale, e la premier che invece incoraggia le donne a denunciare, e chiede che non sia mai messa in dubbio la loro credibilità.
Fin troppo facile auspicare che su questa storia cali più presto il silenzio, a tutela delle parti coinvolte, e - diciamolo pure - soprattutto del povero figlio minore di La Russa, l’unico il cui nome sia stato reso pubblico (ma perché poi, visto che sono tutti maggiorenni?). Il giovane Leonardo non merita che la propria spensierata e forse trasgressiva giovinezza sia gravata dal ruolo istituzionale del padre. Così come non lo merita la ragazza con cui ha trascorso una misteriosa nottata, che, peraltro, non deve nemmeno essere giudicata soltanto sulla base delle proprie fragilità.
Bene ha dichiarato il padre di quest’ultima, nell’unica intervista finora rilasciata a un quotidiano, che il problema non è soltanto in quanto è successo, né tantomeno nella posizione in vista dell’indagato. Piuttosto, si tratta del contesto in cui oggi vivono certi ragazzi dell’ambiente della Milano bene discotecara. Questa sua dichiarazione non è stata un tentativo di buttare la palla in tribuna, e nemmeno in caciara, o in politica, ammesso che ci sia differenza. Infatti, la questione tragica che grava su tutta questa vicenda è l’insostenibile assenza del padre, e lui lo ha onestamente riconosciuto.
La finora anonima protagonista del misterioso accaduto è figlia di divorziati, che da molti anni non si parlano nemmeno più. Il padre ha sostenuto di essere stato molto presente nella sua vita, almeno fino a qualche anno fa, ma nello stesso tempo non ha cercato di sfuggire alle sue parti di responsabilità, per non averle saputo garantire una famiglia unita. Perché poi il problema è tutto lì. È la responsabilità che una volta scaturiva dalla famiglia a latitare in questo tipo di vicende.
Oggi, in tutti i contenziosi tra separati e divorziati, ciascuno rinfaccia all’altro di essere un genitore irresponsabile. Indegno di quella che una volta la legge definiva patria (e non matria) potestà, e oggi non a caso si definisce responsabilità genitoriale, e dovrebbe gravare su entrambi gli interessati a pari titolo. Anche se, per la verità, ancor oggi la legge sembra pretendere molto più dal padre. Non a torto, peraltro: nella famiglia naturale - se ancora ci è consentito usare questo termine - fin dalla notte dei tempi è sempre stato il padre colui sul quale gravava il compito di educare i figli a essere persone responsabili, di fronte agli altri e alla collettività. È quindi l’assenza del padre che oggi ci ha portato - anche a prescindere dalla vicenda specifica dalla quale abbiamo preso spunto - ad aver completamente perso la bussola riguardo al problema della responsabilità nella vita sessuale, propria e dei figli. Una tragica questione che, tuttavia, oggi sembra gravare esclusivamente sul maschile, anche se le violenze vere e presunte sembrerebbero solo a carico delle donne.
Si può ben comprendere che quando tra giovani, o giovanissimi, accadono fatti di cronaca così scabrosi, nei quali non vi è l’immediata evidenza dello stupro, si manifesti la tendenza per cui i padri difendano più i figli maschi, e le madri le figlie femmine. Ma oggi, essendo saltate completamente le regole tradizionali, i nostri figli di entrambi i sessi - che non ci è più nemmeno concesso di dire che sono soltanto due - nei reciproci rapporti si ritrovano completamente esposti alla legge del loro desiderio. Al punto che per loro non è nemmeno più lecito essere interamente maschi o femmine nel modo di desiderare.
Lo psicanalista Jacques Lacan si è interrogato più di tanti altri, nel Novecento, sulla struttura del desiderio. Sul punto, si è dato la risposta per cui si tratta sempre del desiderio dell’Altro. Cioè, di quello che una presenza esterna desidera per noi. Nel venir meno di regole di ingaggio condivise, nella famiglia e tra i sessi, e nell'impossibilità di comprendere che uomini e donne desiderano in maniera essenzialmente diversa, oggi questo Altro non offre più alcuna risposta nella quale ci si possa rifugiare con certezza.
Così, padri e madri cercano di difendere le ragioni dei propri figli in una maniera che, per la propria istintività, si potrebbe definire persino tribale. Ma se al padre è ancora dato l’istinto di richiamare i propri figli maschi alla responsabilità verso se stessi e gli altri, le femmine - che non riescono più a ritrovare nei propri padri biologici questa modalità - si trovano particolarmente esposte alle bizzarrie loro desiderio.
Lo si capisce bene solo a leggere le prime chat della ragazza milanese di cui oggi parlano le cronache. Quelle inviate subito dopo essersi risvegliata dalla misteriosa nottata con il giovane Leonardo Apache. Nei suoi primi messaggi per le amiche - tutte femmine, mentre ad accompagnarla a farsi visitare alla Mangiagalli è stata la madre, visto che il padre vive altrove da anni - la ragazza avrebbe commentato: “Mmi sono risvegliata da La Russa, ma che problemi ho… non mi ricordo bene, faccio troppi casini, non sono normale”. Di fronte al suo smarrimento, in cui accusava solo se stessa e chiedeva riservatezza (“lascia stare… me ne sto andando… che non esca la cosa”), è stata l’amica del cuore ad assumere il ruolo dell’Altro lacaniano, e a spiegarle ciò che ci si attendeva da lei: “C…o, ti ha sicuramente drogata… è giusto che denunci la cosa ma stai attenta che suo padre è presidente del Senato”.
Il resto è cronaca. Tuttavia, visto che abbiamo parlato della insostenibile pesantezza dei ruoli genitoriali, nella speranza che di fronte a una vicenda del genere i riflettori presto possano spegnersi, viene utile una citazione da Milan Kundera. Infatti, riguardo alle stranezze del desiderio, lo scrittore appena scomparso, in un passaggio del suo romanzo più famoso così ha fatto parlare Sabina, la protagonista che maggiormente combatteva con la leggerezza dell’essere: “Vivere nella verità, non mentire né a se stessi né agli altri, è possibile soltanto a condizione di vivere senza pubblico. Nell'istante in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, volenti o nolenti ci adattiamo agli occhi che ci osservano, e nulla di ciò che facciamo ha più verità.
Avere un pubblico, pensare a un pubblico, significa vivere nella menzogna”.Ecco, nell’epoca della insostenibile assenza del padre, il dramma di fronte al quale sono esposti i nostri giovani è essenzialmente questo. Anche se il pubblico non è quello dei media. E non per colpa loro.
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