"La malattia era nota. Scandagliati i database. Svolta nelle indagini col metodo Dalla Chiesa"

Intervista al comandante del Ros Pasquale Angelosanto. La cattura di Messina Denaro chiude l'epoca della corrente stragista di Cosa Nostra

"La malattia era nota. Scandagliati i database. Svolta nelle indagini col metodo Dalla Chiesa"


Il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros, l`Arma ce l`ha nel cuore. L`ha sposata nel `79 e da allora i valori della divisa gli scorrono nelle vene e l`hanno portato a una carriera «in prima linea», dalle indagini sugli omicidi di Massimo D`Antona e Marco Biagi alla cattura del boss campano Carmine Alfieri e ora Matteo Messina Denaro, fantasma da 30 anni.

Quando sono iniziate le indagini che hanno portato a questo risultato?
«Da anni, ma qualche mese abbiamo avuto risvolti importanti. Sapendo che il latitante aveva problemi di salute, ci siamo concentrati su quanti accedevano alle strutture sanitarie fino a quando abbiamo acquisito i dati di una prenotazione chemioterapica nella clinica palermitana. Una ipotesi, che ha avuto riscontro positivo».

Vi siete fatti un`idea di dove sia stato il boss fino a oggi?
«Riteniamo che essendo il capo della mafia trapanese la sua latitanza l`abbia passata spostandosi in quel territorio dove è più forte il suo legame con l`organizzazione»

Una provincia dove esiste un forte legame tra imprenditori, massoneria spuria e personaggi della mafia. Per questo è stato così difficile stanare Messina Denaro?
«La potenza di Cosa Nostra sta nei legami che riesce a mantenere nella società con professionisti, imprenditori, apparenti alla pubblica amministrazione e forze di polizia corrotte. Questi contatti garantiscono ai mafiosi vantaggi informativi per sottrarsi alle indagini».

I famosi «pizzini»?
«Anche, perché questi criminali devono comunicare e i pizzini sono un mezzo per far veicolari informazioni riducendo il rischio di essere intercettati».

Con l`arresto di Riina, Provenzano e Denaro come è cambiata la mafia?
«Con Messina Denaro scompare l`ultimo boss della parentesi di Cosa Nostra governata per anni dalla corrente stragista corleonese. Quell`esperienza riteniamo sia definitivamente chiusa, ma oggi la mafia è diversa. Del resto già le operazioni degli ultimi anni mostravano che dopo la morte di Riina c`era una dialettica interna per la ricostituzione degli organismi al vertice».

Generale ha idea di chi prenderà la loro eredità?
«No, ma noi continueremo a lavorare. Questo successo ci spinge a seguire incessantemente l`evoluzione dell`organizzazione mafiosa, fino a quando questo termine non esisterà più».

Messina Denaro, come Provenzano in passato, non ha negato la sua identità al momento dell`arresto. L`arroganza di un boss?
«Il latitante non aveva più possibilità di far niente e da capo della mafia trapanese si è rivelato per quello che è dicendo "io sono Matteo Messina Denaro"»?

Avete usato il metodo Dalla Chiesa e minato il patrimonio e l`apparato militare della mafia.

Ma vi ha aiutato anche un cambiamento nella mentalità dei siciliani?
«Si, l`atteggiamento del cittadino è mutato verso Cosa Nostra. Ci ha fatto davvero piacere vedere fuori dalle caserme palermitani e siciliani che applaudivano quando uscivano i carabinieri».

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