Caro Demetrio,
non soltanto non mi pento delle affermazioni che ho fatto durante un collegamento televisivo e per le quali sono stato redarguito, ma le ribadisco e ne sono sempre più convinto. Sì, il manganello costituisce talvolta uno strumento didattico deputato a sopperire alle deficienze di famiglie incapaci di educare e, nel caso specifico, esso ha fornito una lezione che mi auguro (ma ne dubito) sia stata colta da giovani che non hanno acquistato né il senso del limite né la consapevolezza che l'esercizio di un diritto, quello di manifestare il dissenso, non può né deve comportare il ricorso alla violenza e alla forza brutta.
Infatti, gli studenti, contrariamente a quanto alcuni narratori vorrebbero farci credere, non sono stati aggrediti dalla polizia, ci mancherebbe altro! Sono stati i primi ad assaltare agenti, a tentare di fare irruzione in un commissariato e pure nel rettorato dell'università, sono stati loro a danneggiare persino le auto della polizia e a prendere a pugni un dirigente. Insomma, c'è chi ha il naso spaccato. E questi atti hanno determinato inevitabilmente una risposta da parte di quegli operatori della sicurezza i quali hanno il compito di garantire l'ordine e tutelare la cittadinanza. Penso che i risultati di questo match siano emblematici: 27 sono gli agenti feriti. Quanti gli studenti feriti?
Gli agenti si sono difesi con gli scudi e hanno cercato di ripristinare l'ordine con il manganello. Cosa avrebbero dovuto fare? Vorrei che ce lo spiegassero coloro che si dicono scandalizzati da quello che definiscono «squadrismo di destra». Forse i poliziotti avrebbero dovuto rimanere inermi, aprire le porte del commissariato, stendere i tappeti rossi, farsi picchiare, fare invadere il rettorato, agevolare la devastazione, applaudire, inchinarsi davanti ai manifestanti aggressivi? È questo che avrebbero dovuto fare le forze di polizia, ovvero sottomettere lo Stato al cospetto dei violenti?
Non posso sposare una tesi simile, come non posso condividere il pensiero di chi sostiene che contro i giovani il manganello non andrebbe usato, in quanto questo sarebbe sintomo di una sorta di fallimento dello Stato, come se il nostro ordinamento ammettesse che la violenza possa essere adoperata entro un certo limite di età senza che ciò produca conseguenze a carico di chi pone in essere condotte criminali, sovversive, pericolose.
Caro Demetrio, tu sai quanti danni genera il cosiddetto «Stato molle», ossia lo Stato che non interviene, dove prospera il disordine, dove dilagano caos e legge della giungla, uno Stato che lascia correre, che non fissa limiti e divieti, che non impone il rispetto delle norme fondamentali del vivere civile? Uno Stato siffatto favorisce il prosperare delle mafie, della piccola e della grande criminalità, del disagio esistenziale, dell'indisciplina, del disimpegno, dell'anomia, intesa appunto come assenza di leggi. In questo tipo di Stato l'individuo, a prescindere dai suoi dati anagrafici, è irrimediabilmente infelice.
Dovremmo smetterla di definire con termini gravi quale «fascismo» la pretesa dello Stato di imporre il rispetto delle regole e di garantire la quiete pubblica. L'utilizzo del manganello da parte degli agenti in situazioni potenzialmente rischiose e tese, come quella che si è creata a Roma qualche giorno fa, non è un abuso, non è squadrismo, non è sopruso, bensì è la legittima e - ahinoi necessaria - risposta dello Stato a qualcosa che minaccia la democrazia e i suoi valori.
Infine, non facciamoci incantare dalle insegne, dalle bandiere colorate, dagli slogan. Gli studenti a Roma non predicavano né chiedevano la pace. Essi predicavano l'odio contro Israele e il suo popolo nonché l'esclusione e l'isolamento di questo Stato, membro effettivo e riconosciuto della comunità internazionale, e della sua gente da qualsiasi iniziativa didattica, culturale, umana e sociale.
Se fascismo c'è nei fatti di Roma, io lo ravviso, corredato di nazismo e antisemitismo, negli studenti coinvolti nell'assalto e non nelle nostre forze di
polizia, che non possono essere reputate ree di avere compiuto quello che sono chiamate a compiere con quei blandi strumenti di protezione che hanno a loro disposizione non per salvaguardare loro stessi bensì la comunità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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