
Più di cento indagati, oltre 60 perquisizioni nelle carceri e nelle abitazioni delle persone coinvolte, un traffico di stupefacenti dietro le sbarre che coinvolge le province di Torino, Alessandria, Biella, Vercelli, Cuneo, Sassari, Savona Imperia e Modena. «Le carceri non saranno mai quartier generale per traffici criminali, chi pensava di trasformarli in centrali dello spaccio oggi riceve un messaggio chiaro: lo Stato c’è», commenta il sottosegretario alla Giustizia con delega al Dap Andrea Delmastro. L’inchiesta cerca di fare luce sul traffico di stupefacenti e su altri reati commessi all’interno di due istituti carcerari. Dalle prime ore del mattino è iniziato il blitz dei carabinieri del Comando Provinciale di Torino con il Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria di Torino. Secondo le indagini i detenuti avevano a disposizione degli smartphone e dei cellulari introdotti nella struttura da parenti degli incarcerati o dagli stessi detenuti durante i permessi di uscita. Questi sono stati utilizzati dai carcerati per mantenere relazioni con l'esterno della struttura detentiva, per motivi familiari e per tenere rapporti con altri criminali operanti all'esterno, con un articolato spaccio di sostanze stupefacenti che riuscivano a far entrare all'interno del carcere con varie modalità, per poi essere smerciate all'interno degli istituti Lorusso e Cutugno di Torino, previo pagamento con carte prepagate. Nel corso delle due indagini preliminari sono stati diversi i sequestri e gli arresti in flagranza di persone accusate di "spaccio continuato di sostanze stupefacenti all'interno del carcere" e "accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti". All'operazione hanno collaborato piu' di 200 agenti dell'Arma.
Il Giornale si era già occupato dell’emergenza carceraria e di come i nostri penitenziarisiano diventati ostaggio della criminalità organizzata, anche violando i protocolli di sicurezza, come dimostrano alcune recenti inchieste (vedi quella della Procura di Palermo che ha scoperto come in cella entrassero droga e telefonini. Le indagini non hanno evidenziato specifiche responsabilità penali in capo a personale Dap (che ha collaborato alle indagini) in servizio nell'Istituto oggetto degli accertamenti.
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