Primo caso di suicidio assistito in Lombardia. L'ultimo messaggio di Serena

La cinquantenne da trent'anni lottava con la sclerosi multipla progressiva. Il farmaco e la strumentazione sono stati forniti dal Servizio sanitario, dopo 9 mesi dalla richiesta

Primo caso di suicidio assistito in Lombardia. L'ultimo messaggio di Serena
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C'è un filo che lega il primo suicidio assistito avvenuto in Lombardia a Piergiorgio Welby, il malato che fece scoppiare il caso, in Italia, nel 2006. Serena, una cinquantenne che da trent'anni lottava con la sclerosi multipla progressiva, è stata accompagnata alla morte da Mario Riccio, il medico anestesista che si occupò di Welby. Serena si è spenta dopo l'autosomministrazione del farmaco letale avvenuta nel mese di gennaio 2025, nella propria casa, circondata dai suoi cari.

L'ultimo messaggio

La donna ha affidato il suo saluto all'Associazioni Coscioni. "La mia breve vita è stata intensa e felice, l'ho amata all'infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l'amassi. L'ho vissuta nonostante tutte le mie difficoltà per tantissimi anni, come se questa malattia non fosse dentro me. Ho affrontato la mia disabilità con rispetto e dignità. Quando però cominci a sentire la sofferenza oltre a quella fisica ma dentro l'anima, capisci allora che anche la tua anima deve avere il diritto di essere rispettata con la dignità che merita. Questo è ciò che nessuno può toglierti e non deve mai accadere… libera".

L'iter burocratico

Il farmaco e la strumentazione sono stati forniti dal Servizio sanitario, dopo 9 mesi dalla richiesta. Dopo aver ottenuto l'ok dall'azienda sanitaria e il riconoscimento dei requisiti stabiliti con la sentenza Cappato a fine luglio, a novembre l'Asl non avrebbe individuato il farmaco e la strumentazione per l'autosomministrazione, stabilendo che doveva essere il suo medico di fiducia a indicare, con una propria relazione, il farmaco letale e la metodologia da seguire. Da quanto si apprende l'azienda sanitaria non avrebbe comunicato la disponibilità dei medici che, su base volontaria, potessero assistere la donna, motivo per cui è stata seguita dal dottor Riccio, consigliere generale dell'Associazione Luca Coscioni, che nel 2006 aveva assistito Welby.

Dopo aver ricevuto la risposta in merito alla relazione da inviare, Serena è stata seguita dall'avvocata Filomena Gallo e un collegio legale, inviando all'azienda sanitaria la relazione medica con indicazione del farmaco, la quantità e la modalità di autosomministrazione firmate dal dottor Mario Riccio medico di fiducia. Dopo un sollecito, a cui non è arrivato alcun riscontro, a dicembre la Commissione di esperti e in seguito il Comitato Etico hanno confermato l'idoneità e l'azienda sanitaria ha assicurato la fornitura del farmaco.

A quel punto, la donna, dopo avere indicato la data in cui desiderava procedere, ha chiesto all'azienda sanitaria che le venisse fornito il farmaco approvato da consegnare al dottor Riccio che, contattato dall'azienda sanitaria, ha ritirato tutto la mattina del giorno previsto.

Il ruolo di Regione Lombardia

La notizia, anticipata dal Corriere della Sera, è stata spiegata da Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni: "Regione Lombardia ha fornito l’aiuto medico

per la morte volontaria perché era suo dovere farlo. Si conferma così, nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell’irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia".

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