Progetto maranza: come i centri sociali costruiscono la rivolta delle periferie

Gli antagonisti cercano di sobillare degli immigrati di seconda generazione su modello delle banlieue francesi

Progetto maranza: come i centri sociali costruiscono la rivolta delle periferie
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Lavorano sì e no, studiano sì e no. Si danno appuntamento davanti ai McDonald’s o alle macchinette dei distributori automatici e perdono tempo seduti sui muretti delle piazze. Tuta acetata Adidas, borsello Gucci, rigorosamente fake, Nike Tn Squalo, catenine di finti brillanti al collo e testa rasata ai lati. Sono i maranza, figli di quelle periferie con poco altro oltre al cemento a vista. Sono principalmente immigrati di seconda generazione: italiani ma poco integrati, desiderosi di tutto, di denaro, di auto belle, e pronti senza tanti complimenti ad accerchiare i ragazzini della loro età per farsi consegnare catenina e portafoglio.

I centri sociali li stanno corteggiando. Il disegno è piuttosto chiaro. Soffiano sulla brace della loro voglia di emergere e del disagio sociale in cui vivono per strumentalizzarli e creare un nuovo movimento proletario, scimmiottando le banlieue parigine. Un progetto studiato a tavolino e già in parte realizzato dopo il caso di Ramy, il 19enne marocchino morto al Corvetto di Milano durante un inseguimento con i carabinieri. In quell’occasione gli anarchici sono riusciti a portare in piazza i ragazzini di 11 anni del quartiere e li hanno armati di spranghe e fumogeni.

La seconda mossa degli antagonisti si è consumata qualche giorno fa al centro sociale Foa Boccaccio di Monza, lo stesso di Ilaria Salis. Hanno presentato il libro “Maranza di tutto il mondo, unitevi!” che sperano diventi il manifesto di una nuova rivolta generale. Il titolo originale del libro, francese, è “Boef e barbares” (Bifolchi e barbari) ed è stato scritto dall’attivista anti razziale franco algerina Houria Bouteldja, che ha lanciato un appello alla mobilitazione a tutte le banlieue francesi. Importare il concetto di banlieue parigine in Italia è una mossa azzardata, che per ora è ben lungi dall’essere reale, ma che sicuramente è pericolosa, proprio perché fa leva su quel senso di appartenenza che gli immigrati di seconda generazione non trovano altrove.

“Per sconfiggere l’estrema destra, il libro sostiene la necessità di unire i «barbari» delle metropoli postcoloniali e i «bifolchi» del lavoro povero in Europa – si legge nella quarta di copertina della nuova bibbia anti-sistema - Dalle banlieue alle periferie europee, il libro è un appello appassionato all’antirazzismo come lotta di liberazione dall’eredità della violenza coloniale e da un presente fatto di miseria per molti”.

Subito dopo gli scontri in piazza in nome di Ramy, il ministro all’Interno Matteo Piantedosi aveva parlato di una “ricerca dell’incidente per la destabilizzazione politica” e di una “crescente aggressività di gruppi di antagonisti dietro al paravento di confuse ed episodiche rivendicazioni legate a fatti di cronaca (come la tragedia di Ramy)”. La regia degli espertoni di disordini dei centri sociali era chiara. Così come per i cortei Pro Pal, anche per le manifestazioni pro Ramy la Digos ha identificato tra i leader soggetti vicini ai collettivi studenteschi e ai gruppi antagonisti.

Alto è il timore che le proteste di piazza possano moltiplicarsi. Da qui la recente direttiva ai prefetti del ministro Matteo Piantedosi per istituire in città le zone “a vigilanza rinforzata” o “zone rosse”.

I maranza, non politicizzati, non impegnati se non con la trap, rischiano di finire in una battaglia, non loro. E nemmeno per loro. Non direttamente. I centri sociali hanno un ampio bacino a cui rivolgersi: su 500mila nati da genitori stranieri, l’11% è arrivato in Italia prima dei 6 anni, il 17% è migrato in età scolare, l’11% è arrivato in Italia dopo gli 11 anni. Tra di loro ci sono quelli che si sono inseriti e quelli che invece vivono di microcriminalità, spaccio, minacce con i coltellini perennemente in tasca. Quelli che, insomma, convivono quotidianamente con la microcriminalità.

Non a caso tra i 570 detenuti degli Ipm (istituti penitenziari minorili) il 46,7% è rappresentato da stranieri under 18. Nel 2023 il dato era ancora peggiore: su 500 detenuti, gli stranieri erano il 64%. Il loro disagio, la loro rabbia si somma ad altro disagio, ad altra rabbia.

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