"Troppa fila in Questura". E il migrante vince la causa: il giudice gli dà subito la protezione internazionale

Questura di Roma condannata per aver fatto stare in coda troppo tempo un migrante. Per il giudice è stato leso il suo "diritto assoluto" ed è stato esposto "a rischio espulsione"

"Troppa fila in Questura". E il migrante vince la causa: il giudice gli dà subito la protezione internazionale
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Il ricorrente ha chiesto che il Tribunale ordinasse alla Questura di Roma di procedere all’immediata formalizzazione della domanda di protezione internazionale, con ogni adempimento conseguente”. Inizia così un’altra, quantomeno bizzarra, sentenza a firma del giudice Damiana Colla che riguarda la richiesta di protezione da parte di un migrante nella capitale. Ad essere condannata è infatti la Questura di Roma, rea di aver fatto aspettare troppo tempo fuori dagli uffici preposti il ricorrente (migrante ndr), in attesa della compilazione dei documenti.

Nei documenti, in possesso de IlGiornale.it, il giudice Colla scrive che il migrante in questione “ha esposto che, nel tentativo di accedere alla procedura di richiesta della protezione internazionale, si era più volte recato da solo ed in compagnia di terzi presso la Questura resistente allo stesso scopo, sempre senza esito positivo a causa delle lunghe file ed attese … continuando pertanto essere irregolare sul territorio ed a non poter accedere ai servizi essenziali”. In pratica, la causa impugnata dal migrante e accolta dal giudice Colla mette con le spalle al muro la questura di Roma in quanto responsabile di non aver garantito l’accesso subito alla persona per la foto segnalazione e l’identificazione.

Il giudice Colla scrive che una situazione del genere “priverebbe completamente lo straniero del diritto di presentare domanda di protezione internazionale” per arrivare poi a parlare di “una situazione che di fatto concreta un impedimento all’esercizio, in condizioni dignitose, di un diritto inalienabile della persona”. E ancora, parla delle “condizioni estremamente disagiate nelle quali gli stranieri attendono di presentare domanda di protezione presso gli uffici della capitale”. Il tutto, secondo la Colla, “si traduce nell’impedimento all’esercizio di un diritto assoluto. Insomma, stare in fila fuori da un ufficio, per un migrante, sembrerebbe la negazione di un diritto umano e fondamentale.

La situazione, confrontata inevitabilmente con la routine italiana per cui sotto molti aspetti (come quello sanitario, in primis) vede situazioni del genere all’ordine del giorno, non può che apparire curiosa. Ma, in realtà, la sentenza è molto seria. A seguito delle "lamentele" del migrante in questione - in fila per ore fuori dagli uffici - addirittura il procuratore, come specificato negli atti, ha mandato una notifica di diffida proprio alla Questura, invitandola ad accogliere la domanda del protagonista entro sei giorni. Ciò non è bastato ed è servito il giudice ormai, come dimostrano i fatti, pro immigrazione a mettere fine alla faccenda.

Il Tribunale di Roma “ordina alla questura di Roma di formalizzare la ricezione della domanda di protezione internazionale del ricorrente entro sei giorni… e di compiere ogni atto a ciò consequenziale”. Le motivazioni sono che l’attesa ha messo in pericolo il cittadino straniero “con il conseguente pericolo di espulsione”, scrive ancora Colla.

Le lunghe file fuori dagli uffici non piacciono a nessuno ma ai migranti, pare, sia concesso un accesso preferenziale comprendente addirittura di diffida del procuratore e pronuncia del tribunale. Vietato far stare gli stranieri in coda, arriva la sentenza di procedere alla protezione internazionale immediatamente.

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