Slogan anti-ebraici a un passo dal cartello con la povera Anna Frank ritratta con la kefiah palestinese. Nel secondo sabato dell'odio, un nuovo rabbioso corteo anti-Israele ha attraversato Milano con circa 4mila manifestanti.
In strada - a due settimane esatte dai massacri compiuti da Hamas il 7 ottobre, e dopo la dura reazione militare dell'esercito israeliano a Gaza - sono tornati in gran numero giovani palestinesi e musulmani, con estrema sinistra, centri sociali e collettivi, insieme in uno confuso mix ideologico, dalla stazione Centrale a via Padova, scandendo slogan per la «resistenza» e contro lo Stato ebraico.
Un'altra giornata dell'ira, un copione simile alla precedente (sabato scorso) ma più furente ancora. Al ritrovo in piazza Duca D'Aosta, a dare il «là» è stato Mohammad Hannoun, presidente dell'Associazione dei palestinesi in Italia, con una sorta di invettiva concentrata sul caso dell'ospedale «Al Ahli Hospital» di Gaza City: probabilmente è stato colpito probabilmente da un razzo della «jihad» palestinese, ma Hamas aveva subito gridato subito alla «bomba israeliana» che avrebbe provocato 500 morti). Nessun dubbio quindi per Hannoun e i suoi: «Il missile sull'ospedale è un missile israeliano made in Usa» ha detto. «Hanno raccontato una bugia - ha aggiunto - riportando una frottola del governo criminale».
Cori e discorsi hanno ripetuto ossessivamente il racconto dello Stato fascista e terrorista che «uccide i bambini», mentre nessun cenno è stato fatto a sequestri e omicidi, ai danni anche di piccoli, giovani e giovanissimi, nei kibbutz e al concerto nel sud di Israele.
Il pogrom anti-ebraico è stato archiviato come reazione legittima, se non esaltato come nei deliranti volantini dell'estrema sinistra visti sabato scorso, e in precedenza il sit-in in via Mercanti, dove l'attacco era stato dipinto come una «pagina gloriosa» e una «eroica e sacrosanta risposta contro la politica di aggressione e sterminio». «Avete armato i coloni - si è sentito ieri - e poi detto che erano civili». Nessun dubbio, un'ossessione: «La verità è una sola: Israele è Stato criminale» ha urlato Hannoun.
Nel mirino, oltre a Israele, e agli Stati Uniti, anche l'Europa, e il governo italiano. «Queste 5mila persone le avete uccise voi». Una giovanissima, con tono esaltato e cadenza da dj o da influencer, dal furgone in testa al corteo, con tanto di megafono, ha spiegato che «in questo Paese siamo vittime di un razzismo istituzionalizzato che mette in pericolo le nostre vite tutti i giorni». E sul banco degli imputati, per il corteo della rabbia, devono stare tutti i media italiani. «Mentre Israele bombarda con le bombe, politici e giornalisti bombardano con le bugie».
In testa al corteo, le componenti palestinesi più politicizzate, spesso giovani immigrati di seconda generazione. Più dietro, lo spezzone con bandiere rosse e formazioni comuniste, probabilmente meno ingenti e organizzate rispetto alla settimana scorsa.
Infine, nelle retrovie, i gruppi più esagitati con un enorme striscione, in un ribollire di urla e slogan disordinati e farneticanti, alternati al grido «allah u akbar». A un metro dai giovani scatenati che insultano lo Stato ebraico, una ragazza portava un cartello che ritrae Anna Frank con la «kefiah», a stabilire l'oscena equazione, purtroppo in voga, fra sionismo e nazismo. E fra via Vitruvio e Loreto è stato «intonato» un coro agghiacciante in arabo.
Tradotto, suona così: «Apri le frontiere e ci mangiamo i sionisti, apri le frontiere e ci mangiamo gli ebrei». Un macabro remake dei cori antisemiti che nel 2017 a Milano risuonarono in piazza Cavour in un sit-in analogo.
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