"Vorrei una vita normale". A dirlo è Marita Comi, la moglie di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello (Bergamo) condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio. Donna "guerriera" - così com'è stata ribattezzata dalla stampa in questi anni - ha sempre creduto all'innocenza del marito. Al punto da affidarsi ad un pool di esperti nel tentativo di dimostrare l'estraneità del coniuge nei fatti accaduti il 26 novembre 2016, quando la ginnasta 13enne di Brembate fu dapprima aggredita sessualmente e poi uccisa a coltellate.
Il sogno di "una vita normale"
Marita Comi non ha mai smesso di sognare "una vita normale". Oggi 44enne, è rimasta nella casa di Mapello, dove viveva col marito, assieme ai tre figli e alla madre anziana. "Si cerca di tirare avanti. La vita continua. Quel fatto ha cambiato tutto. Dopo anni mia sorella vorrebbe tornare a condurre un'esistenza normale. Anche se normale non tornerà più e lei lo sa. I ragazzi sono cresciuti e cercano di fare la loro vita", racconta a Il Giorno Agostino Comi, il fratello della donna. Subito dopo l'arresto di Bossetti, Marita era stata assunta in una ditta di pulizie: è rimasto il suo impiego. Il primogenito della coppia, Nicolas, che aveva 15 anni quando fu sentito a porte chiuse dalla Corte di Assise di Bergamo come teste a difesa del padre, lavora in un'azienda artigiana. La secondogenita, diventata da poco maggiorenne, si è diplomata in una scuola di grafica. L'ultima figlia, invece, ha 16 anni e frequenta ancora le superiori.
Il pool difensivo
Da sempre certa dell'innocenza del marito - "se non gli avessi creduto, lo avrei lasciato", aveva dichiarto in un'intervista - si è affidata ad un pool di 13 professionisti, tra cui vi sono: due avvocati, un docente universitario esperto in studi statistici sul Dna, due genetisti, una criminologa, due anatomopatologi, una grafologa e due analisti informatici. Il team è coordinato da Carlo Infanti, che sul caso ha scritto anche un libro: "In nome del popolo italiano", è il titolo del volume. Una scelta fatta anni fa, nonostante Bossetti abbia ribadito, a più riprese, che "gli unici avvocati che possono lavorare sul mio caso sono Salvagni e Camporini" (ad oggi, sono ancora i suoi legali). Marita aveva poi precisato, con una lettera inviata alla redazione di una trasmissione televisiva, che la sua iniziativa era dettata dalla "necessità di sentire ulteriori pareri" dopo "aver assistito impotente alla tre condanne" incassate dal marito. "E' un mio completo e assoluto diritto - aveva messo nero su bianco nella missiva - nominare, a nome mio, altri avvocati che possano svolgere indagini difensive. Non c'è mai stata da parta mia l'intenzione di intralciare le indagini del pool difensivo di mio marito". "Moglie di ferro" e donna integerrima, Marita si è sempre schierata al fianco del marito. Così come avevano la madre di Bossetti, Ester Arzuffi, morta per via di un male incurabile.
Diversa, invece, la posizione di Laura Letizia, la sorella dell'ex muratore di Mapello, che ha deciso di cambiare cognome. "L'ho fatto per me stessa, - spiegò in un'intervista esclusiva al settimanale Oggi - per avere più tranquillità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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