Nel borsino di Obama un Bin Laden morto vale il doppio di Gheddafi

La fine del raìs fa crescere di 6 punti la popolarità del presidente. L’eliminazione del capo di Al Qaida gliene aveva "regalati" ben 11

Nel borsino di Obama  un Bin Laden morto  vale il doppio di Gheddafi

Un incremento di sei punti in appena un paio di giorni. È quanto ha registrato un sondaggio Gallup nella popolarità di Barack Obama dopo la morte di Muammar Gheddafi. Se il 17 ottobre il 38% degli americani esprimeva un giudizio positivo sul presidente, sabato scorso era il 44% a promuoverlo. Percentuale, però, sempre più bassa di quella dell’opinione negativa, pari al 47% di americani che disapprovano l’operato di Obama. Senza trascurare il fatto che il miglioramento del giudizio è stato effimero: un aggiornamento Gallup di lunedì registrava un nuovo calo nel tasso di popolarità di Obama, sceso al 42%. E accompagnato da un rotondo 50% di disapprovazione.
Comunque, una dinamica analoga si era verificata all’indomani della morte di Osama Bin Laden, quando il titolare della Casa Bianca aveva rapidamente guadagnato 11 punti, passando dal 46 al 57%. E pazienza se negli stessi giorni la stessa Gallup realizzava in tutto il mondo una rilevazione dalla quale risultava che solo il 53% degli intervistati era davvero certo che la persona uccisa ad Abbotabad il 2 maggio fosse il cosiddetto sceicco del terrore.
Andando indietro nel tempo, si vede che anche W. Bush ha goduto dei benefici effetti della morte o daela cattura del nemico. Trovato Saddam Hussein nel sottosuolo della natìa Tikrit il 13 dicembre del 2003, la percentuale di americani intenzionati a votare, alle presidenziali dell’anno successivo, per l’inquilino della Casa Bianca aumentava del 3% rispetto al weekend precedente. Il 7 giugno del 2006 fu ucciso Abu Musab al Zarqawi, capo di al Qaida in Irak. L’evento fece salire di sette punti la popolarità di George W. Sette punti in una settimana è un ottimo risultato. Ma, come si sa, tutto è relativo.
Nel maggio di quell’anno Bush figlio boccheggiava al 31% di popolarità, il minimo dei suoi otto anni alla presidenza. E nelle elezioni di mid term del 2006, nel novembre, i democratici trionfarono: per la prima volta dopo 12 anni vinsero - fra governatori, deputati e senatori - la maggioranza delle cariche da rinnovare; e per la prima volta dall’Indipendenza i repubblicani non conquistarono neppure un misero seggio controllato dagli avversari.
E allora? Meglio il 3% della cattura di Hussein un annetto prima delle presidenziali che il 7% dell’eliminazione di al Zarqawi qualche mese prima delle elezioni di mezzo termine? Apparentemente, sì. Tornando a Obama, adesso anche lui si trova, ormai da marzo, ai minimi della popolarità da quando è alla Casa Bianca. Ma a differenza del W di cinque anni fa, al secondo mandato, vede davanti a sé lo spettro della mancata rielezione, catastrofe avvenuta in oltre un secolo a un solo democratico.

Quel Jimmy Carter che fallì la liberazione manu militari degli ostaggi dell’ambasciata Usa di Teheran il 24 giugno del 1980, precipitando al 28% di popolarità per poi essere stracciato da Ronald Regan l’anno dopo.
Insomma, l’eliminazione del cattivo di turno aiuta i presidenti Usa a risalire nei sondaggi ma per restare alla Casa Bianca forse è meglio avere un nemico da combattere. Vediamo chi trova Obama nei prossimi mesi.

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