Nel bunker anti-Ebola

Viaggio nel reparto speciale di Milano dell'ospedale Sacco: dalla vestizione ai controlli passando per la doccia disinfettante

Nel bunker anti-Ebola

A Milano, all'ospedale Sacco, c'è un reparto di malattie infettive pronto ad occuparsi di qualsiasi tipo di paziente: dal malato di Aids a quello di tubercolosi, dal malato di Sars a quello di aviaria passando per chi ha l'Ebola. Sono disponibili 70 posti letto ma 15 possono trasformarsi in un bunker che li esclude dal mondo. Il reparto, visitato dal Corriere della Sera, è diretto da Giuliano Rizzardini, mentre la coordinatrice sanitaria è Cecilia Paoli.

Le procedure da seguire quando si entra in contatto con i pazienti sono molto rigide. Prima avviene la vestizione, aiutata da un sanitario, poi vengono applicati dei filtri nella tuta (se il paziente non presenta gravi sintomi) o nello scafandro (se il paziente ha già dei gravi sintomi). Il medico, ora che ha la protezione adeguata, assiste il paziente in una camera depressurizzata. Una volta terminata la visita, il medico deve sottoporsi ad una doccia disinfettante della durata di circa tre minuti. Dopo la svestizione, infine, la tuta viene bruciata mentre lo scafandro, più resistente, viene disinfettato ulteriormente. E anche l'ambulanza è speciale. È infatti un camper con tre vani: uno per il malato, uno per il personale di supporto e un altro per il guidatore.

Rizzardini però mette in allarme riguardo la cura dell'Ebola e le capacità del reparto: "Il

personale sanitario c'è, ma se dopo la gestione di un malato di Ebola ognuno deve passare giorni in quarantena il rischio è che con più malati di Ebola entriamo in crisi con il numero di operatori".

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