"Nel mio Epigenetica racconto l'origine profonda del male"

Una madre "eccezionale, estrema, speciale, tremenda, straordinaria. In una parola, terrificante"

"Nel mio Epigenetica racconto l'origine profonda del male"
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Una madre «eccezionale, estrema, speciale, tremenda, straordinaria. In una parola, terrificante». Un padre con la M di Mussolini sulla nuca. Luoghi lontani di infanzia e nostalgia che tornano come lampi di un tempo irrisolto nella vita di Maria, una donna lacerata dal trauma. In sintesi è questo il punto di partenza di Epigenetica (La nave di Teseo, pagg. 192, euro 17) , l'ultimo romanzo di Cristina Battocletti, classe 1973, originaria di Cividale del Friuli, scrittrice e giornalista critica. Dopo tre biografie, ha ricostruito le vite di Boris Pahor, Bobi Bazlen, Giorgio Strehler (tutte edite da La nave di Teseo), arriva con un'opera di finzione.

Epigenetica è un titolo difficile. Che cosa voleva comunicare con questo termine scientifico?

«Che siamo anche eredità di quello che è successo ai nostri genitori e ai nostri progenitori: siamo frutto, a livello fisico e psichico, di ciò che è successo prima di noi, nel bene e nel male».

Come è nato il suo interesse per questo tema?

«Guido Tonelli, direttore del Cern, a un pranzo mi ha raccontato la storia di una ragazza con traumi abbandonici terribili: hanno scoperto che era nipote di un suicida, ma la madre non glielo aveva mai detto. I traumi cambiano la forma del Dna: non la sequenza, ma la forma e la chimica. In Eredità emotiva di Galit Atlas, israeliana che narra come nelle generazioni successive a quelle delle vittime dell'Olocausto, i figli e i nipoti hanno livello di cortisolo, l'ormone che aiuta il corpo a reagire dopo il trauma, più basso di quello di chi ha subito l'Olocausto prima di averlo vissuto: questo li rende più esposti ai disturbi di ansia. Vale anche in positivo: i figli di chi ha vissuto un'adolescenza in libertà hanno una concentrazione nella memoria molto più alta degli altri».

Cosa ha a che fare questo con la letteratura?

«Ho scritto tre biografie e mi sono accorta che tutto quello che queste tre persone hanno vissuto nell'infanzia è riprodotto nei discendenti o arrivava dagli ascendenti».

Qual è la traiettoria di Maria, protagonista?

«Quella di una donna che ha commesso il peggiore dei gesti, abbandonare un figlio, e si ritrova a farlo quasi obbligata dall'esempio materno che ha subito. Nello stesso tempo ha immensa nostalgia di quella famiglia originaria e disfunzionale che le ha rovinato la vita».

Maria ha un sogno, fare la scrittrice. E scrive un libro di autofiction, Le lische. Ma il branco di cannibali come lei li descrive - che sono media ed editoria si mangia la sua confessione.

«Questo è il periodo della letteratura che

racconta di sé. Però siccome lavoro in un giornale culturale, li osservo, questi fenomeni, con una grande amarezza: persone che, convinte di raggiungere un gran successo, vendono la propria vita e finiscono come meteore».

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