«Nel mio prossimo film sarò un coiffeur milanese»

Ce n’è voluto di tempo, ma alla fine si è deciso: Tinto Brass girerà il suo nuovo film a Milano. Veneziano d’adozione ma meneghino di nascita, alle guglie della Madonnina aveva sempre preferito le seduttive calli della laguna (da lui definita «il luogo più erotico d’Italia»). Oggi, invece, complice forse la consacrazione alla Mostra di Venezia e la costante ricerca di nuove fonti d’ispirazione, Brass è tornato alla terra natìa: Milano, capitale del business e chissà, d’ora in poi, anche dell’eros. Lo ha rivelato al Giornale a poche ore dal suo arrivo in città, che oggi lo vedrà testimonial, alla Terrazza Martini, di una retrospettiva sul cinema erotico giapponese, Shunga Movies, allo Gnomo dal 19 al 24 gennaio.
Colpo di scena: una «Chiave» milanese.
«Qualcosa del genere. È da tempo, in realtà, che volevo girare un film qui, ma è sempre andato tutto in fumo. Oggi invece sembrano esserci le premesse, ho già il titolo pronto».
Sarebbe?
«Coiffeur pour Dame, parrucchiere per signora. È la storia di una coppia sulla quarantina: lui docente universitario, lei al liceo, che da qualche anno vivono un matrimonio “bianco”, senza sesso, come accade a molte coppie di oggi. Finché un giorno scoprono che il loro dirimpettaio, dopo le 18, fa il parrucchiere a domicilio: e con successo, vista la fila di signore fuori. Per farla breve, sarà proprio lui, con le sue “acconciature” particolari, a riaccendere la passione nella coppia».
Ha già scelto i protagonisti?
«Per la donna avrei pensato a un’attrice italiana. Però le posso dare uno scoop...».
Dica...
«Il coiffeur lo farò io. Sarà un francese trapiantato a Milano, amante della perfezione: un esteta. Con una fissazione che poi si scoprirà».
Perché proprio Milano come set del film?
«Si presta alla trama: città grande, capitale della moda. E poi Milano mi piace, non credo sia una città fredda come la dipingono. Forse di giorno si lavora di più, ma di notte...».
Milano città del cinema: un’utopia o un’ipotesi realizzabile?
«Perché no. È una città ricca, ha i mezzi per farlo, e mi sembra che il Comune si stia impegnando in questa direzione. La stessa Letizia Moratti mi è sembrata più aperta, ultimamente, anche nei confronti del filone culturale dell’eros: ha concesso Palazzo Reale per ospitare una mostra sull’arte erotica giapponese».
A questo proposito, lei oggi viene a presentare una rassegna di classici giapponesi all’apparenza molto distanti dal suo eroismo, più ruspante e genuina.
«Macché ruspante. Il mio cinema ha precedenti nell’arte, nella letteratura. Certo, la scuola giapponese è più raffinata, cerebrale. Io stesso per La chiave ho attinto al romanzo giapponese di Tanizaki Jun'ichiro, che però era un’opera sui generis, con molti riferimenti occidentali».
In Italia lei è rimasto l’unico regista «di livello» del cinema erotico. È un genere in declino?
«Purtroppo sì. Colpa della censura finanziaria, istituzionale, religiosa. Prima hanno fatto terrorismo psicologico, poi hanno chiuso le sale a luci rosse obbligando i produttori a uscire direttamente in dvd, come è stato per il mio ultimo film, Monamour. Finora il pubblico mi ha seguito anche in home video, ma ultimamente il mercato è penalizzato da Internet, da YouTube. Quella però è pornografia, riproduzione meccanica, non si preoccupa dell’espressione».
Chi sono i suoi modelli?
«Oltre alla letteratura italiana, con Boccaccio, Boito, Aretino, mi sono sempre ispirato all’arte figurativa: Giulio Romano, Tintoretto, Tiziano, Courbet, Renoir. C’è una frase di Renoir di cui ho fatto tesoro.

Davanti all’insistenza del figlio di conoscere la storia di un suo quadro, gli rispose con affetto: l’importante, nell’arte, non è il contenuto di un’opera, ma la splendida armonia di forme e colori. Il linguaggio. Così per me il cinema è nella forma, nel significante, mai nel significato».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica