Nel Pd la paura fa '94 Alla fine Bersani finirà come Occhetto?

Il Pd sogna di farsi spianare la strada dalla procure, proprio come il Pds vent'anni fa. Ma, come allora, a sbancare le urne potrebbero essere altri

Nel Pd la paura fa '94 
Alla fine Bersani  
finirà come Occhetto?

Il Pd ha fretta. Il Pd è nervo­so. E qualcuno accenna alla sin­drome del ’ 94, quando la gioio­sa macchina da guerra di Oc­chetto capì di aver spianato la strada a Berlusconi solo nel mo­mento in cui il Cavaliere salì al Quirinale per ricevere l’incari­co di presidente del Consiglio. Il Pd ha paura. Teme che la storia si ripeta. Che anche questa volta il gioco di spon­d­a con la magistratura serva sol­tanto a qualcun altro, ma non a loro, gli eterni perdenti. Sembra un paradosso, ma i guai che ca­dono su Berlusconi non regala­no serenità a Bersani e compa­gni. È una vita che aspettano la grande caduta, ci sperano, la evocano, se la sognano come un miraggio impossibile, ma per anni sono rimasti delusi e spiaz­zati dalla capacità del Cavaliere di restare in piedi. Ogni volta che sentono vicino l’evento co­minciano a litigare tra loro, acca­pigliandosi intorno alla pelle dell’orso prima di averlo cattu­rato.

Non è un segreto che Fioroni e i suoi post democristiani temo­no uno sbilanciamento a sini­stra del partito. Di Pietro resta un alleato scomodo. Vendola l’alleato giusto per riuscire a non governare anche la prossi­ma volta. Ma, purtroppo per il Pd, questi sono gli unici compa­gni di strada in circolazione. Ci sarebbero i centristi, ma Casini si lascia corteggiare, ma non ha alcuna intenzione di conceder­si. Questa storia va avanti da co­sì tanto tempo che una tipa di ca­rattere come Anna Finocchiaro alla fine ha perso le staffe e ha lanciato un ultimatum a Pierfer­dy: «Casini deve decidere da che parte stare». Il leader del­l’Udc in realtà ha già scelto, la si­nistra non fa per lui. Dopo tanti anni di digiuno vuole una poltro­na e non crede che Bersani sia in grado di assicurargliela. Insomma, il nervosismo che si respira a Botteghe Oscure non è poi così immotivato. Il timore è di ritrovarsidi nuovo imprepa­ra­ti all’appuntamento con la sto­ria. Per quasi vent’anni sono so­pravvissuti senza un’idea, un’identità politica. Si sono ag­grappati all’antiberlusconismo come a un feticcio.

Senza Berlu­sconi rischiano di scomparire anche loro, come reduci di una stagione passata. I sondaggi di questi giorni, basta chiedere a Mannheimer, confermano tut­te le loro paure. Se la destra pian­ge, la sinistra senza dubbio non ride. Gli elettori non percepisco­n­o la loro presunta diversità mo­rale, il caso Penati svela quello che tutti hanno sempre sospetta­to. Sulla crisi, poi, il Pd ha gioca­to solo di rimessa, sconfinando spesso nell’autolesionismo, con il sospetto che troppe volte abbia brindato all’idea di una ca­­tastrofe economica solo per far dispetto a Berlusconi. Nessuna svolta è comunque arrivata dal­le menti economiche della sini­stra. Il picco di originalità è stato appoggiare lo sciopero genera­le della Camusso. Non sembra, passata la festa, che sia servito a esorcizzare la crisi. Perché, quindi, qualcuno dovrebbe vo­tarli? Non è un caso che il Cava­liere, affaticato dalle inchieste giudiziarie e con le escort in ca­sa, sia ancora lì a governare. Non c’è un’alternativa. Non c’è neppure una politica in grado di contrastarlo. I più arrabbiati al­la fine preferiscono lasciarsi in­cantare dai «vaffa» di Grillo e dal­le grida degli indignati.

L’opposizione al Cavaliere non arriva dal Parlamento, ma dalla campagna politica delle Procure. E forse è questo che davvero preoccupa, o dovrebbe preoccupare, la leadership del Partito democratico. Il ’94 che si ripresenta quasi vent’anni do­po come un fantasma, una male­dizione. L’illusione di saper sfruttare l’azione della magistra­tura per liquidare la prima Re­pubblica e conquistare il pote­re. Allora non andò così. La va­riabile Berlusconi li fece impaz­zire, e in più si resero conto che a muovere i fili non furono gli ere­di del Pd, ma le toghe. I buratti­nai si scoprirono burattini.

E adesso? Il copione si ripete. Se a far cadere il governo saran­no i pm di Bari, di Napoli o di Mi­lano si certifica che la politica è ancella dei magistrati.

I demo­cratici nel post-berlusconismo rischiano l’estinzione o, nel mi­gliore dei casi, si ritroverebbero a incarnare il ruolo di utili idioti. Tutti questi anni ad aspettare il tramonto di Berlusconi e la pau­r­a di veder spuntare un’altra om­bra. L’ossessione non finisce. Il Pd si guarda intorno e vede ovunque avversari. Chi sarà il prossimo nemico?

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