È il rito-gourmet di inizio autunno, destinato a proseguire sino alle feste. Sua Maestà Tartufo non è partito benissimo, se confrontato alla straordinaria annata 2013: per ora, di quello buono, non se ne trova molto e le quotazioni sono elevate. Ma lo si sapeva, l'estate alle spalle non poteva regalare nelle prime settimane di ottobre un prodotto all'altezza della fama. Soprattutto ad Alba, dove regna il Bianco più famoso del mondo, guardano con soddisfazione alle prime piogge che cercheranno di colmare il vuoto di fine agosto: il periodo dove il tubero raggiunge il migliore «assetto» per la gioia degli appassionati, pronti a spendere 250, 300 o anche 400 euro per 100 grammi per un prodotto di media pezzatura, pur di nobilitare la carne cruda, tagliolini e risotto, il semplice ma straordinario uovo al burro.
Alba, capitale della Food Valley, è il tempio: da una settimana si è aperta la Fiera Internazionale, che proseguirà sino al 15 novembre: sulle bancarelle, i mitici «trifolau» - pusher del tubero, aiutati da cani straordinari - portano il meglio della loro raccolta, oggetto del desiderio per chi lo vuole acquistare «live» invece che nelle città. Ed è in questa zona che i cuochi piemontesi, nei ristoranti al top come in trattorie storiche, impugnano la mandolina e affettano dolcemente il Bianco d'Alba: da gustare in purezza (per la cronaca, la grattata regolamentare è sui 7 grammi) o come prezioso ingrediente di ricette «cucinate». Anche se è bene ricordare che il tartufo ideale per i piatti «veri» è il Nero dove i cuginastri d'oltralpe vantano un'arma potente - quello del Perigord - da opporre al nostro, buonissimo, che trova a Norcia e nell'Umbria in genere la terra di elezione. Peraltro, l'Italia è veramente il Paese del tartufo, con un elenco di mostre mercato, feste e sagre che riempirebbero questa pagina e coprono molte regioni. Sono nomi di cittadine nel cuore dei foodies: Moncalvo nell'Astigiano, Calestano nel Parmense, Borgofranco sul Po al confine tra le province di Mantova e Piacenza (dove sorge un piccolo e curato Museo del Tartufo), Bondeno e Sant'Agostino nel Ferrarese, Sant'Agata Feltria nel Riminese. Poi la spina dorsale dell'Appennino Centrale con San Miniato e Volterra nel Pistoiese, San Giovanni d'Asso nel Senese, Fabro nei pressi di Terni e quattro località in provincia di Perugia, dove il Nero Pregiato è grande protagonista, quali Città di Castello, Gubbio,Valtopina e Pietralunga. Poi, nelle Marche, la celebre Acqualagna il cui Bianco per qualità e quantità è inferiore solo a quello di Langa, e l'emergente Amadola. Anche il Sud ha le sue perle quali San Pietro di Avellana (Isernia), Ceppaloni nel Beneventano e Bagnoli Irpino, in provincia di Avellino. È qui che si riverseranno migliaia di italiani, sino ai primi di dicembre in qualche caso - le mostre durano più fine settimana consecutivi - per procurarsi un prodotto decisamente costoso se consumato sulle tavole dei ristoranti (ovvio che dipende dal numero e dal livello dei piatti) ma più che sopportabile se acquistato in piccoli gruppi. «Due etti di buon tartufo Bianco si possono trovare a 500 euro e consentono a una decina di persone di togliersi più di uno sfizio a casa, con una spesa a testa di 50 euro e senza il bisogno di un esperto in cucina» spiega Davide Palluda, uno dei più quotati chef piemontesi (vedi box). Il problema non è la «mano» di chi lo utilizza né la conservazione (vaso chiuso, in frigo, avvolto in un foglio di carta da cucina) ma il tarocco sempre in agguato: vero che al di là della provenienza, conta la bontà ma soprattutto nel caso del Bianco albese ci sono dei falsi di altissimo livello, che persino gli spettometri faticano a riconoscere.
Il consiglio, scontato ma corretto? Compralo solo in negozi specializzati (i primi in mente: il milanese Peck, il romano Volpetti, Tartufi & Friends, presente in entrambe le città) o rivenditori scoperti con il passaparola tra appassionati, che potranno diventare quelli «di fiducia». Comunque vada (la stagione), sarà un successo. E un contributo al PIL, visto che il giro d'affari del tartufo fresco, conservato o trasformato in Italia vale 400 milioni di euro. Altro che tubero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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