di Stefano Filippi
nostro inviato a Mestre (Venezia)
La cittadella delle religioni sorge a pochi chilometri dalla tangenziale di Mestre, perché qui la logistica pesa quanto il credo. Si esce dal dormitorio sulla terraferma di Venezia, s'imbocca la strada Castellana verso nordovest e si approda in un attimo a Zelarino, paese satellite della Serenissima, un tempo meta della villeggiatura dei patrizi veneziani e oggi cuore di tante confessioni diverse. Nel raggio di un chilometro s'incontrano la sede della Conferenza episcopale del Triveneto, una grande chiesa ortodossa che verrà inaugurata a breve, il tempio dei mormoni, la sala del Regno dei testimoni di Geova. Dalla parrocchia nel centro del paesello, in un quarto d'ora a piedi si toccano i quattro punti cardinali delle fedi.
Zelarino è comodo per chi arriva in auto. È il baricentro del Nordest, a metà strada tra Verona e Trieste. Da Mestre e dal circondario si raggiunge facilmente con i mezzi pubblici soprattutto da quando vi è stato costruito il nuovo ospedale dell'Angelo, che ha sostituito il vecchissimo Umberto I. Il paese è fornito di servizi e centri commerciali. La gente è tranquilla, la campagna silenziosa, Dio è il benvenuto.
LA VILLA E IL CARDINALE
Naturalmente, i primi a porvi una base sono stati i cattolici. Lungo il fiume Marzenego sorge la cinquecentesca Villa Angaran Grimani Zini, di proprietà del patriarcato di Venezia. Edificio padronale, chiesa, barchesse, cortili, un grande parco con statue, boschetti, campi sportivi. Un lungo viale alberato introduce in questa suggestiva oasi di tranquillità agreste. Con l'ultima ristrutturazione, voluta dal cardinale Angelo Scola, il patriarcato ha insediato un centro pastorale con la sede di rappresentanza dei vescovi triveneti, il Tribunale ecclesiastico regionale, vari uffici diocesani. E in più un centro congressi con numerose sale, 20 camere, un ristorante adatto anche a ricevimenti per battesimi, prime comunioni e matrimoni.
Pochi passi verso la strada Castellana, spina dorsale del paese, ed ecco un'altra villa, più piccola ma altrettanto curata, trasformata nel tempio dei mormoni. È un elegante edificio a due piani, circondato da prato all'inglese con un cortile per le auto, protetto da un cancello in ferro battuto. All'ingresso e sul muro sono affisse due targhe: «Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni». Lungo la cancellata è posta la bacheca degli avvisi, dove spicca quello del «Family search», il servizio per cercare i propri antenati che non manca mai nei principali luoghi di ritrovo dei mormoni. Negli anni Sessanta gli adepti di Joseph Smith si autotassarono per comprare il terreno dove sorgeva questa casa allora malridotta, con annesso fienile e barchessa a ridosso della chiesa parrocchiale di Zelarino. Oggi è il punto di riferimento per i fedeli del Nordest, anche se luoghi di culto più piccoli si trovano in quasi tutti i capoluoghi.
Alle spalle, tra villette e basse case popolari, svetta una torre con una cuspide ottagonale. Muri bianchi, fregi rossi, tetto nero sormontato da una croce, un grande portico. È la nuova parrocchia ortodossa romena di Santa Lucia martire. L'area è recintata, i lavori sono ancora in corso. Il cartello spiega che oltre alla basilica sono in costruzione la canonica e la strada annessa.
SAN MARCO FOR EVER
L'impresa edile proviene dal distretto romeno di Maramures, al confine con l'Ucraina, ed è romeno pure uno dei progettisti, l'architetto Cordos Dorel, che ha ripreso lo stile bizantino dei monasteri tipici del Paese danubiano. Il terreno, 5mila metri quadrati, è concesso dal comune lagunare; gli ortodossi si sono pagati la costruzione. Che non è conclusa perché la sottoscrizione è ancora aperta: pare manchino 300mila euro per le finiture. Alle porte di Zelarino, in mezzo alla campagna, alla periferia della periferia di Venezia, l'ultimo tempio del paese. La sala dei testimoni di Geova è una costruzione semplice, bassa, con un doppio cancello d'ingresso, area verde e un grande parcheggio, segno di afflusso consistente di fedeli. Sul muro esterno una targa riporta a caratteri cubitali l'indirizzo internet, Jw.org. Donazioni anonime, lavoro volontario, otto mesi di manovalanza.
La città dove riposa il corpo di San Marco evangelista è come una calamita per le religioni. A metà strada fra Mestre e l'aeroporto di Tessera, nella zona di Campalto, sta sorgendo la più grande cattedrale d'Italia dei cristiani copti ortodossi egiziani, una chiesa bianca, con finestroni ad arco e cupole grandi e piccole che si rincorrono. Via Orlanda è una strada trafficata e il cemento utilizzato per la costruzione è fatto per non essere annerito dai fumi di scarico. I copti ortodossi, una Chiesa che sarebbe stata fondata proprio dall'apostolo Marco ad Alessandria d'Egitto, sono duemila nel Veneziano e 15mila in tutto il Triveneto. Lavorano quasi tutti in kebab e pizzerie, guadagnano e si sono autotassati per comprare il terreno (10mila metri quadrati) e pagare i lavori (300 posti a sedere): non ne potevano più di riunirsi in un prefabbricato. Sono anche attenti ai rapporti di buon vicinato. Proprio a fianco della cattedrale copta sorge uno dei sei centri Don Vecchi, destinato ad anziani autosufficienti. L'altare della cappellina è stato donato dagli egiziani.
STOP ALLA MOSCHEA
Gli ortodossi greci e russi si ritrovano invece nel centro di Mestre, nella chiesetta sopravvissuta alla demolizione del vecchio ospedale: alle spalle sorge ancora il padiglione abbandonato dell'oncologia, mentre altri reparti sono stati spianati per fare posto a parcheggi a pagamento. Anche in questo caso è stato il Comune a concedere il luogo di culto ai fedeli dell'arcidiocesi ortodossa d'Italia e Malta, che fa capo al patriarca ecumenico di Costantinopoli. Una lapide ricorda che in questa cappella si soffermò a pregare Giovanni Paolo II durante la visita pastorale in Veneto del 1985, quando fece tappa proprio all'Umberto I.
Nella capitale delle religioni c'è posto per tutti. Ortodossi russi, greci, romeni, copti egiziani, mormoni e testimoni di Geova; ma l'elenco non è chiuso. Gli avventisti del settimo giorno si radunano in una sala lungo il Terraglio, la strada che da Mestre conduce a Treviso. È un grande locale al pianterreno di un condominio a fianco della Cgil. Un cartello avvisa che il parcheggio è riservato ai residenti, segno di qualche contrasto con gli altri inquilini. I valdesi si ritrovano in via Piave, in un anonimo edificio anni Sessanta. Manca la moschea, e mancherà per un pezzo. Il vecchio luogo di culto islamico in via Fogazzaro è stato chiuso due anni fa dopo la scoperta che era stato frequentato anche da due kosovari arrestati con l'accusa di appartenere a una cellula jihadista.
A premere per ottenere un luogo di culto sono soprattutto i 6mila bangladesi che vivono nel Veneziano. Ma, anche se venisse individuata l'area e trovati i soldi, difficilmente il comune di Venezia concederebbe i permessi.
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