Pochi spiccioli e una traccia dorata che diventa progetto. Al di qua del mare, verso Ne, Mezzanego, Borzonasca, Rezzoaglio e Santo Stefano D'Aveto: su per la Via del Miele che incanta i sensi, stordisce i palati ed è letteratura. Una salita a ritroso ad annusare terra e aria, la via stretta e sgomitata, segnata dall'impollinazione che anticipa la filiera. Il cartellone schizza i confini delle Valli Aveto, Graveglia e Sturla: a zig zag la scia dorata che fissa uomini e luoghi della produzione del miele: Brizzolara, Botasi, Zerli, Borzone, La Villa, Pareto-Pieve, Caregli, Baravasche, Vignolo e Magnasco. Toponomastica e antropologia, storia e cultura contadina. Ha avuto fiuto Danilo Repetto, presidente della Comunità Montana Aveto-Graveglia-Sturla, ad aderire, nell'ambito di Interreg, al Progetto Mediterritage (valorizzazione economica del patrimonio montano) e al sottoprogetto Parfumes et Saveurs des montagnes méditerranéennes, che zooma sulla volontà di far conoscere i prodotti più rappresentativi dei territori dei paesi partecipanti. E la Comunità Montana spinge con la promozione territoriale legata alla produzione del miele. Arrivano 13.000 euro, il resto è pazienza e passione. Repetto chiama la gente delle valli e i produttori rispondono. Una sessantina in tutto. Poche le forze, modeste le quantità, ma la qualità è assoluta. Dieci le realtà più significative che si sono aggiudicate il pallino sul cartellone, «ma nessuno ci campa con 'sto mestiere».
Una linea obliqua a tagliare le valli: «da 80 metri sul livello del mare ad oltre 1000 - spiega Repetto - È questa la forza del nostro prodotto, il suo mutare con altitudine, aria, esposizione ed essenze. In pianura parlano di moria di api causata dai pesticidi impiegati nelle colture intensive. Qui è un altro mondo. Il nostro territorio è unico e si regolamenta da sé da secoli. Il Parco rappresenta il valore aggiunto per uno sviluppo rurale. E la Via del Miele può esser il punto d'inizio per rilanciare le nostre tipicità».
Accanto i produttori: alcuni anziani e un giovane che agguanta la sua targa per dargli senso e continuità. Nella cesta, tra il rosmarino, i barattoli del miele giocato tono su tono a mostrare quanto può l'oro di questa terra in salita. Un'incredibile varietà di fiori a garantire infiniti tipi di miele. Che guadagnano gli occhi e si conquistano un gusto di nicchia con il miele d'acero montano e quello di lampone «per i quali esiste una proposta di produzione sperimentale innovativa» annuncia Repetto. Poi la modulazione sul tradizionale, frutto di essenze come l'erica, il castagno, l'acacia e il tarassaco, «tutte rappresentative dei Profumi e sapori delle montagne del Mediterraneo. L'obiettivo è rendere queste produzioni più accessibili proprio attraverso la Via del Miele e la cooperazione dei produttori della zona». Che, su le maniche e risposto all'appello, «dovranno sviluppare la Via e garantire la loro presenza a livello di vendita e produzione» precisa la funzionaria Maria Grazia Sbarboro. Molti salgono alla ricerca d'un prodotto unico per le sue qualità organolettiche, ma l'operazione si traduce nella mappa antropologica delle valli. È il passo che incrocia la traccia di ieri e l'urgenza di non smarrirne il segno. Segui le api, segui a fiuto, tatto e gusto quella via che va tracciata prima, raccontata sulle arnie e annusata. Ecco l'apiario didattico-dimostrativo che «sistemeremo a Caregli, presso l'orto botanico del Passo del Bocco, e gli opuscoli e pannelli informativi sulla Via del Miele». Inquadratura di traverso e retrospettiva. Lui, protagonista suadente, va via liscio, prende corpo, si dilata e distilla il suo tempo contro l'attrito degli «spazi stretti in cui siamo costretti a lavorare-sbotta il giovane di prima-Fra tutti non arriviamo neanche a 200 metri quadri di laboratori. La produzione è limitata anche perché è difficile trasportare gli alveari». Una fatica che diventa missione, un approccio che parla di comunità legata a doppio filo col territorio e che si racconta su www.agriavetogravegliasturla.
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