"Il nibbio", film manifesto che rende onore a Calipari

Claudio Santamaria e Sonia Bergamasco nell'opera sul sequestro di Giuliana Sgrena

"Il nibbio", film manifesto che rende onore a Calipari
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Si rimane con il groppo in gola. Anche se sappiamo come è andata a finire la vicenda dei 28 giorni del rapimento della giornalista de Il Manifesto Giuliana Sgrena a Bagdad, il film Il Nibbio, da giovedì nelle sale, opera seconda di Alessandro Tonda interamente dedicata alla figura di Nicola Calipari, l'alto dirigente dei servizi segreti (Sismi), morto nella liberazione riuscita della giornalista esattamente 20 anni fa, il 4 marzo del 2005, commuove e rende giustizia del lavoro sia dei giornalisti che dei nostri agenti. Prodotto da Notorious Pictures con Rai Cinema e Tarantula in collaborazione con Netflix e Alkon Communication,

Il Nibbio, nome in codice di Calipari con lo sguardo acuto e la rapidità d'azione di quel predatore, parte da un soggetto di Lorenzo Bagnatori, Davide Cosco e Sandro Petraglia, autore della sceneggiatura finale che si muove su tre livelli: «Il primo è quello con Giuliana Sgrena nella sua prigione, il secondo è quello di Calipari che cerca di liberarla e il terzo è quello dell'agente, che era una persona piena di ironia e senza retorica, con la famiglia. È insomma un film di genere però realizzato in maniera molto nostra, molto italiana» dice lo sceneggiatore di La meglio gioventù e di Romanzo criminale che, proprio a questo riguardo, racconta: «Ho scritto film in cui si raccontavano anche i servizi deviati, le miserie e gli orrori, mentre qui siamo di fronte a uno straordinario personaggio etico come lo è tutta la famiglia, la moglie Rosa e i figli che hanno letto il copione e hanno autorizzato la loro rappresentazione».

Nel ruolo di Nicola Calipari, un gigante che lavorava dietro le quinte ma che era un po' mingherlino, c'è Claudio Santamaria alle prese con una dieta ferrea: «Volevo che lui sullo schermo rappresentasse la mediazione e che quindi non fosse una figura prestante ma esile proprio per rispecchiare le modalità dell'operazione».

Il Nibbio enuclea bene le due grandi e opposte filosofie di intervento che hanno radici storiche profonde. Quella statunitense, contraria agli accordi con i terroristi, che si affida a blitz dalle conseguenze imprevedibili e quella italiana che, appunto, mediava con i gruppi sunniti per salvare l'ostaggio con il Sismi, diretto da Nicolò Pollari, che trova i giusti interlocutori, grazie anche a una radicata attività sul campo, con l'appoggio del Governo guidato da Silvio Berlusconi.

Il film racconta con verosimiglianza tutti questi aspetti, la prigione in un appartamento di Bagdad della piemontese Giuliana Sgrena interpretata con la giusta ruvidezza da Sonia Bergamasco, i colleghi trepidanti a Roma della redazione del Manifesto con il direttore Gabriele Polo (Sergio Romano) e il compagno della giornalista Pier Scolari (Alessandro Coccoli), l'attività investigativa di Nicola Calipari che si muoveva tra Roma, Dubai e Bagdad con il Falcon da dove abbiamo visto recentemente scendere Cecilia Sala tornata dall'Iraq sempre grazie ai nostri servizi. E poi c'è il racconto commovente di una «normale» famiglia italiana con il rapporto cementato tra Nicola e Rosa (Anna Ferzetti) e il lavoro misterioso di un padre che sacrifica anche la settimana bianca con i due figli interrotta proprio dal sequestro Sgrena.

È questa la dimensione che rende ancora più inaccettabile la morte di un servitore dello Stato insignito dal presidente Ciampi della Medaglia d'oro al valor militare (alla memoria) perché «nel momento in cui l'autovettura sulla quale viaggiava veniva fatta segno di colpi

d'arma da fuoco, con estremo slancio di altruismo, faceva scudo alla connazionale con il suo corpo, rimanendo mortalmente colpito». Una gragnola di colpi partiti da un posto di blocco statunitense, il cosiddetto fuoco amico...

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