Essere in via Dell’Umiltà lo deve avere stranamente un po’ condizionato: l’affermare apoditticamente «la superiorità delle donne rispetto all’uomo in molti campi, a cominciare dal lavoro», mi sembra infatti eccessivo. Non ci credo io, che sono donna, ma non ci credono neppure tante altre donne. Non lo si può affermare scientificamente né, tantomeno, sperimentalmente.
Rimane dunque una personale convinzione del premier, molto femminista post litteram. Sarebbe stato, peraltro, meno politicamente seduttivo se avesse detto «molte donne valgono più di tanti uomini». Avrebbe potuto persino azzardare un «soprattutto se giovani e gradevoli». Se non altro, pur nell’assurdità del costrutto, si sarebbe appoggiato al pilastro filosofico del «kalos kai agatos», bello e bravo.
Queste distinzioni di genere non fanno altro che fomentare la competitività tra maschi e femmine; sollecitando una endemica litigiosità, produttiva di danni esistenziali agli uni e alle altre, nella famiglia, nei rapporti di lavoro e nelle relazioni sociali. Il merito non può essere nel sesso. E neppure col, grazie al, tenuto conto del. Sesso appunto. La nostra Costituzione difende il principio della pari dignità sociale di tutti i cittadini, senza distinzione di sesso. Le leggi si sono allineate anche grazie alla fatica di donne e uomini che hanno combattuto contro questa atavica discriminazione e oggi, progressivamente, abbiamo tutti raggiunto la pari dignità giuridica. Con questa, il rispetto. E dunque la necessità di non giudicare ancora le donne in quanto tali, bensì, e soprattutto, per la loro storia e il loro merito.
Quindi come persone capaci o incapaci. Da non confrontare con gli uomini, in termini positivi o negativi, ma da valutare in rapporto all’esperienza, ai fatti personali, alla competenza e alle potenzialità che ciascuna ha espresso o può esprimere nel futuro, nell’ambito di riferimento sociale.
Che le donne siano diverse dagli uomini, non c’è dubbio e il nostro premier lo sa bene. Che, se giovani, forse, siano più gradevoli è un giudizio molto personale e in genere espresso da gente d’antan. Anche le anziane signore, infatti, intravedono nei giovani uomini più gradevolezza che non negli attempati coetanei. Di conseguenza si potrebbe dire che gli uomini, se giovani e gradevoli, hanno più capacità in politica. È evidente l’assurdità di questa equazione. Come è evidente la non condivisibilità, in assoluto, della superiorità femminile.
La bravura e la capacità prescindono dal sesso, dall’età e dalla gradevolezza. Questa, sì, è un’affermazione accettabile da tutti e che non si presta a critiche. Viceversa, usando i canoni da lui stesso enunciati, potremmo mai affermare che Silvio Berlusconi è competente, capace, anzi il migliore, soprattutto in politica? In sostanza, la frase del premier sembra frutto di un bisogno di difesa preventiva. Spero che lui stesso non ci creda, per non rischiare di diminuire la sua generosa autostima.
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