Oslo - Saranno 18 i Paesi che, con la Cina, diserteranno venerdì prossimo la cerimonia di consegna del premio Nobel al dissidente Liu Xiaobo. L’assegnazione del premio è stata nuovamente attaccata da Pechino che ha definito il Comitato dei Nobel un gruppo di "pagliacci". "Il Comitato sta orchestrando un gran baccano contro la Cina", ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, "noi respingiamo ogni ingerenza nei nostri affari interni e non cambieremo certo per l’interferenza di qualche pagliaccio".
Jiang Yu ha fatto sapere che "una vasta maggioranza" all’interno della comunità internazionale sostiene il boicottaggio di Pechino ma il direttore dell’Istituto dei Nobel, Geir Lundestad, ha ribadito che la maggior parte dei Paesi sarà presente alla cerimonia.
Finora, oltre alla Cina, hanno declinato l’invito la Russia, il Kazakhistan, la Colombia, la Tunisia, l’Arabia Saudita, il Pakistan, la Serbia, l’Iraq, l’Iran, il Vietnam, l’Afghanistan, il Venezuela, le Filippine, l’Egitto, il Sudan, l’ Ucraina, Cuba e il Marocco.
Intanto un amico di Liu Xiaobo, Zhang Heci, ha accusato le autorità cinesi di avergli impedito di volare a Oslo per assistere alla cerimonia di consegna del Nobel per la Pace. Heci, scrittore che vive a Melbourne, si stava recando in Norvegia facendo scalo in Cina ma la polizia lo ha bloccato all’aeroporto di Shanghai per 24 ore, costringendolo a ritornare a casa. "Non hanno diritto di impedirmi di arrivare a Oslo per assistere alla cerimonia dedicata a Liu Xiaobo", ha denunciato lo scrittore in una lettera aperta al ministro degli Esteri australiano, Kevin Rudd.
La Cina "sta manovrando dietro le quinte per far disertare a più Paesi la cerimonia del premio Nobel ma non riuscirà nel suo intento". Ne è convinta Amnesty International che in una nota stampa sottolinea come nonostante "la Cina abbia fatto pressioni politiche e ricatti economici" per far disertare la cerimonia di Oslo, "è stata in grado di catturare il consenso solo di una piccola minoranza di Paesi". Sam Zarifi, direttore di Amnesty per l’Asia e il Pacifico, invita la comunità internazionale a diffidare dei passi fatti dalla Cina sul piano economico.
"I governi del mondo", ha detto, "non devono rimanere incantati da questa crescita", e trascurare le richieste della popolazione cinese che "vuole prendere parte al dibattito globale sui diritti umani". Occorre fare il possibile, ha concluso, "per permetterglielo".
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