Una nuova molecola combatte il virus dell’epatite C

Nella lotta all’Hcv (il virus dell’epatite C), si apre una nuova promettente fase che può far pensare ad una prossima eradicazione dell’infezione. Nel mondo l’epatite C riguarda circa 180 milioni di pazienti, mentre il nostro Paese è al primo posto in Europa per numero di persone positive al virus, con più di 1 milione e mezzo di pazienti, mille i nuovi casi e 20mila decessi ogni anno. Numeri di una vera e propria emergenza globale, ancora per lo più sommersa: il virus Hcv è estremamente insidioso, entra nel nostro organismo e lì sta dando pochissimi segni di sè. Spesso lo si riesce ad intercettare quando ormai ha già provocato gravi danni epatici, come cirrosi e tumore al fegato (il 60-70 per cento degli individui, dopo il contagio, diventa portatore cronico).
Lo sviluppo farmacologico ha portato alla messa a punto di boceprevir. Una molecola innovativa e prima di una nuova classe di antivirali (gli inibitori della proteasi), con un meccanismo d’azione rivoluzionario. Il farmaco, di ricerca Msd, disponibile in Italia entro l’anno, agisce direttamente sul virus ed è risultato efficace contro l’Hcv da genotipo 1, il più temibile, perché refrattario ai trattamenti, rappresenta il 60 per cento delle infezioni globali. Combinato con la terapia standard (interferone pegilato e ribavirina), il nuovo antivirale, ha sostanzialmente dimostrato di raddoppiare (nei pazienti mai trattati) e triplicare (in quelli non responsivi alla terapia standard), la percentuale di guarigione. Nello specifico, in due studi clinici di fase III, sono stati raggiunti tassi di guarigione del 66 e del 67 per cento, in pazienti che avevano ricevuto la terapia per 44 settimane. «Boceprevir agisce direttamente sulla struttura attraverso la quale il virus, una volta pervenuto all’interno dell’organismo, replica se stesso nelle cellule epatiche», spiega in occasione di un recente incontro scientifico a Palo Laziale (Roma), Savino Bruno, direttore della struttura complessa di medicina interna a indirizzo epatologico dell’ospedale Fatebenefratelli e oftalmico di Milano, coinvolto nelle prime sperimentazioni del farmaco. «La struttura bersaglio, individuata nel RNA, è denominata regione NS-3: la molecola inibisce le proteasi, ovvero gli enzimi di questa regione che permettono al virus di replicarsi; impedisce la replicazione del virus sostituendosi alle proteasi e, in tal modo, il virus cessa di replicarsi e quindi non può più sopravvivere». L’aspetto innovativo del nuovo antivirale, riguarda anche le modalità e i tempi del trattamento.

«Quattro settimane di trattamento consentono di valutare l’efficacia di interferone pegilato e ribavirina », afferma il professor Bruno, precisando che l’aggiunta di boceprevir è sicura: riduce la possibilità di replicazione del virus e la sua resistenza». Trattando solo i pazienti che rispondono alla terapia si risparmia denaro pubblico e si ottiene una elevata efficacia.

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