La sfida della neutralità tecnologica: perché è strategica per la transizione

La neutralità tecnologica prescrive un approccio pragmatico che impone di non puntare esclusivamente su una tecnologia unica nella definizione di un comparto economico volto alla transizione

La sfida della neutralità tecnologica: perché è strategica per la transizione

Spesso discutendo di transizione energetica entra in campo il tema della cosiddetta neutralità tecnologica. Concetto profondo nella sua semplicità di assai complessa, ma decisiva, prospettiva di attuazione. Soprattutto per Paesi, come l'Italia, in cui la necessità di coniugare transizione e sviluppo economico deve andare di pari passo con la strutturale carenza di materie prime. Fattispecie che è destinata a trasmettersi dall'era dei combustibili fossili, gas e petrolio in testa, a quella della transizione, ove la parte del leone la faranno materie prime critiche come le terre rare.

La soluzione è quella della neutralità tecnologica. Scelta che prescrive un approccio pragmatico che impone di non puntare esclusivamente su una tecnologia unica nella definizione di un comparto economico volto alla transizione, ma di sviluppare complementariamente, con sostegno pubblico e iniziative private, più strade. Lasciando che siano la ricerca prima e il mercato poi a creare il mix vincente tra le varie tecnologie. Il tema è particolarmente cogente quando si discute dell'auto elettrica come mezzo del futuro. Le discussioni in tal senso hanno visto in Italia l'emergere di un clima politico e industriale favorevole alla neutralità tecnologica e sulla volontà di non innamorarsi perdutamente di un'unica strada, nella consapevolezza che l'elettrico potrebbe castrare lo sviluppo di biocarburanti, idrogeno e altri tipi di combustibili se scelto politicamente dall'alto come unica via da percorrere.

I governi di Mario Draghi e Giorgia Meloni hanno espanso il fronte della neutralità tecnologica al settore automotive. Il premier del governo di unità nazionale ha espresso tale posizione soprattutto per mezzo delle parole dell'ex Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, fervente sostenitore della neutralità tecnologica. Il suo successore ne ha parlato delineando, a ottobre, la linea programmatica dell'esecutivo alla Camera in tema ambientale, ove Meloni ha inidividuato due obiettivi strategici "Coniugare sostenibilità ambientale, economica e sociale", da un lato;"accompagnare imprese e cittadini verso la transizione verde senza consegnarci a nuove dipendenze strategiche e rispettando il principio di neutralità tecnologica", dall'altro.

La mobilità è il campo più evidente in cui i principi di neutralità tecnologica possono prendere piede. Ma anche in altri settori tale applicazione può produrre svolte sistemiche non secondarie. All'ultimo Forum di Cernobbio organizzato da European House Ambrosetti a novembre, l'ad di Eni Claudio Descalzi ha dichiarato che anche a suo avviso tutte le tecnologie disponibili per la decarbonizzazione dovrebbero essere sdoganate nei piani europei di transizione energetica. Oltre a biocarburanti e combustibili sintetici, si può parlare del ruolo delle biomasse nella generazione energetica, della cattura e dello stoccaggio dell'anidride carbonica (Ccs), lo sfruttamento delle fonti geotermali, che hanno un livello di maturità tecnologica già avviato. Qualcosa di molto diverso dalla prospettiva europea che di fatto ne premia solo alcune (come l’eolico e il solare). E molte discussioni fanno ricadere anche il nucleare nel campo delle fonti da vagliare alla luce dei principi di neutralità tecnologica, specie ora che la prospettiva della fusione s'è fatta più ampia.

Sulla posizione della neutralità tecnologica si è schierata anche Confindustria Energia nella recente pubblicazione Infrastrutture energetiche per una transizione sicura e sostenibile, realizzata da Viale dell'Astronomia assieme a H2IT, Snam e Terna e con il supporto analitico di PwC. Per Confindustria Energia, nota Il Sole 24 Ore, in Italia, "per agganciare concretamente la svolta green, serve un forte impulso agli investimenti: 182 miliardi di euro da qui al 2030, che si traducono in un valore aggiunto totale di 320 miliardi di euro, in 380 mila unità di lavoro annue e in una riduzione di emissioni pari a 127 milioni di tonnellate di CO2 all’anno nel 2030".

Prospettive realizzabili solo con un approccio di neutralità tecnologica che premi la ricerca più avanzata e non precluda a istituzioni, enti di ricerca e imprenditori la possibilità di cercare attivamente soluzioni per il decisivo obiettivo di coniugare sostenibilità della crescita e decarbonizzazione. Senza rendere i due obiettivi mutualmente esclusivi.

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