da Palermo
Ventiquattrore dopo i risultati elettorali il Pd siciliano è tramortito. È vero che, come ha tentato di giustificare Tonino Russo, il vicesegretario regionale del Pd di provenienza Ds «ormai il trend era quello». Ma un azzeramento di tale portata non era previsto. Non solo otto province su otto, comprese Enna e Caltanissetta, ma anche nei tre comuni principali, Catania, Messina e Siracusa, il centrosinistra è stato stracciato. E la sconfitta che brucia di più è certamente quella di Messina, dove alle ultime comunali aveva vinto il centrosinistra con Francantonio Genovese. Lo stesso Genovese che dopo il flop delle Politiche non aveva neanche risposto a chi nel Pd chiedeva le sue dimissioni e che oggi, da deputato nazionale ma soprattutto da segretario regionale del Pd, è stato sconfitto.
Il tonfo a Messina non significa soltanto restituire la città dello Stretto al centrodestra e in particolare a Giuseppe Buzzanca, che era stato costretto a lasciare la sua poltrona di sindaco per una denunzia e una condanna per abuso (aveva usato la macchina blu per motivi personali). Ma il ritorno di Buzzanca, e l'80% dell'ex socialista Nanni Ricevuto neo presidente della Provincia, taglia qualunque opposizione cittadina alla costruzione del Ponte. Sono in molti ora a chiedere le dimissioni dei dirigenti del Pd, non soltanto di Genovese, ma anche quelle di Tonino Russo. Ieri però il mondo della sinistra sembrava più preoccupato di trovare giustificazioni che di reagire. E non mancherà di suscitare polemiche il comunicato di Genovese che parla di risultato «sconfortante» ma puntualizza che a Messina il Pd ha preso il 20% in più delle recenti Regionali, che significa «straordinaria rimonta». «Non si tratta di problemi di uomini spiega il coordinatore regionale del partito di Veltroni che convoca un vertice regionale del Pd per lunedì - ma con tre campagne elettorali non c'è stata la possibilità di definire più compiutamente la nostra specificità». Accanto al segretario del Pd regionale, il commento di Fabio Giambrone, senatore dell'Idv, mostra una sinistra che fatica a riconoscere la valanga: «Per noi è andata bene - dichiara - abbiamo consiglieri un po' in tutte le città». Chi si contenta gode, commentano in casa Pd, dove prevalgono le critiche feroci nei confronti del gruppo dirigente, locale e nazionale. «Rischiamo l'estinzione», è l'allarmata reazione di Mirello Crisafulli, il boss rosso della provincia di Enna. Ma anche lì, dopo 15 anni, la sinistra ha dovuto cedere il passo ai partiti di destra. «La gente ha percepito che la politica nazionale del Pd non tiene conto della Sicilia e del Meridione. E poi noi in Sicilia siamo assenti per i fatti nostri». Scarsa presenza nel territorio, è l'accusa principale lanciata anche da Franco Piro, lo sfidante a Palermo del Pd che ha perso con il 26,7% contro il 73,3% di Giovanni Avanti, candidato dell'Udc, sostenuto dalla coalizione di destra. «L'unica cosa da non fare è far finta di niente e andare avanti», dice Piro, che ricorda come le dimissioni di Genovese furono chieste già dopo le regionali, e che le frasi di Russo che sottolineano il «vento di destra» sono ridicole. Sono i risultati di Palermo città a sconfortare il candidato palermitano. Nel capoluogo infatti si è a malapena raggiunto il 29% di votanti, e l'astensione è stata soprattutto di sinistra. «Una città allo sbando», accusa il candidato perdente, che ricorda anche come in campagna elettorale non c'è stato alcun aiuto da Roma: «Siamo scesi a combattere a mani vuote contro i carri armati, e il Pd nazionale non ci ha dato neanche un fucile ad acqua», accusa. Si punta al congresso più che alle dimissioni del gruppo dirigente, spiega Gaspare Nuccio, presidente provinciale del Pd: «Il meccanismo è talmente infame che non ci sono luoghi in cui le decisioni di questo partito contano».
Una piccola speranza rimane al Pd nel comune di Salemi, la città dei cugini Salvo, gli esattori, uno dei 24 comuni che vanno al secondo turno. Il candidato Vittorio Sgarbi, lista Udc e Dc di Pizza, va al ballottaggio con il candidato Alberto Scuderi del Pd e Primavera siciliana. Fatto fuori Luigi Crimi del Pdl.
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