"Oggi la musica è come le suonerie di 20 anni fa"

Nel disco "Fame" il rapper milanese Jake La Furia resta legato alle origini: "Ormai i social dettano le regole"

"Oggi la musica è come le suonerie di 20 anni fa"
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Jake La Furia a Sanremo non si vede mai.

«In passato ho rifiutato persino di essere ospite, di certo non vado in gara».

Il solito snobismo?

«No, dico sempre che non ucciderò la musica in Liguria».

Sembra i cantautori negli anni Settanta.

«Non è una polemica, è una critica al sistema e ai rapper che non vanno a Sanremo per rappare ma rinunciano al loro lato più duro».

C'è stata voglia di normalità.

«Sembra che al rap si voglia sempre e solo rompere le balle».

Tra quattro giorni Jake La Furia compirà 46 anni ed è una delle figure cardine del rap italiano grazie non soltanto ai Club Dogo, che ha fondato nel 2001, ma anche a un percorso musicale coerente anche da solista. Lo conferma il nuovo disco Fame, un gioiello che piace alla «vecchia guardia» ma pure alla Generazione Zeta. Anche per questo la reunion dei Dogo nel 2024 con il disco omonimo ha portato a dieci concerti tutti esauriti al Forum di Assago e a un mega evento a San Siro. In giro c'è voglia di credibilità, e il milanese Francesco Vigorelli, detto Jake La Furia in onore del protagonista di Once Were Warriors - Una volta erano guerrieri , resta uno dei personaggi più credibili della scena perché ha fatto pochi compromessi: «Sono rimasto male quando Carlo Conti ha detto che al Festival ci sarebbe stati alcuni rapper ma solo con messaggi positivi: è stato come mettere un limite a un genere musicale che non ha limiti neanche nel linguaggio. Le polemiche sul linuaggio rap sono identiche a quelle sul rock'n'roll 60 anni fa». Capito il personaggio?

Un rapper duro e puro.

«Ma no, io però vengo dall'età d'oro del rap italiano. Da quando la trap è stata inglobata dal pop è tutta così uguale che ormai la musica ricorda le suonerie dei cellulari di venti anni fa, tutte uguali».

Non ascolta più rap?

«Non riesco ad ascoltare playlist di canzoni tutte uguali. Ora c'è la psicosi dei social che dettano legge anche nella musica».

Però c'è stata una evoluzione.

«Credo che nel mondo soltanto Kendrick Lamar e Marracash riescano a fare discorsi complessi all'interno di una struttura musicale raffinata. Ma per me è un po' più complesso, a me piacciono cose più tamarre». (ride - ndr)

Quindi c'è molta omologazione.

«Penso molto ai giovani, datevi da fare, smettetela di giocare solo a Fortnite».

Voi con i Club Dogo che cosa avete fatto?

«Abbiamo musicalmente ucciso la generazione precedente. Poi dal 2016 sono arrivati personaggi come Sfera Ebbasta che hanno metaforicamente ucciso noi. Ma i cosiddetti game changer, ossia i rivoluzionari, rimangono sempre e in giro è pieno di gente che tra poco andrà a zappare».

Ha fatto il giudice nell'ultima edizione di X Factor.

«E dovrei rifarlo, mi sono proprio divertito».

Per quanto resterà rapper?

«Credo che ci sia un'età limite, ossia i cinquant'anni. Bisogna mollare il colpo prima di diventare macchiette. Certo, ci sono eccezioni come Mick Jagger ma sono, appunto, eccezioni».

Quindi?

«Fosse per me, sarei già ai Caraibi a grattarmi. Anzi, a dirla tutta, avevo già pensato di trasferirmi a Santo Domingo, ero già andato là per acquistare una casa, ma quando sono tornato in Italia è scoppiata la pandemia e tutto si è fermato».

La prima cosa che farà quando smetterà?

«Mi toglierò dai social e comprerò un cellulare Brondi che faccia solo telefonate e basta».

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