Omicidio Rea, uccisa con almeno 30 coltellate Per 12 ore in mano all’uomo che l’ha sgozzata

La donna è stasta uccisa nella notte tra il 18 e il 19 aprile. E spunta il timore di un serial killer. Molte le analogie tra l’omicidio della donna trovata con una svastica incisa sul corpo e quello di Rossella Goffo in gennaio

Omicidio Rea, uccisa con almeno 30 coltellate 
Per 12 ore in mano all’uomo che l’ha sgozzata

Scomparse, evaporate nel nulla, e poi ritrovate. Morte, barbaramente uccise. Abbandonate come bambole rotte. Settecento metri separavano Yara dalla sua casa di Brembate. Non ci tornò mai. Era un’uggiosa serata di fine autunno. Meno di duecento allontanavano Carmela Rea da quel dondolo dove aveva lasciato figlia e marito per andare al bar di un «rifugio» lungo il pianoro di Colle san Marco. Ventinove anni, alta, bella «troppo bella - racconta una vicina di casa - ... una ragazza che faceva voltare gli uomini».

Chi l’ha presa, chi le ha rubato la vita massacrandola in una tiepido lunedì di primavera?

Già si affaccia l’ombra del mostro, o meglio del maniaco seriale. Coincidenze, modalità del delitto, segni (o depistaggi?) aprono gli scenari più inquietanti. Senza dimenticare quell’altra donna, Rossella Golfo, trovata uccisa, agli inizi di gennaio non lontano da lì. Abbastanza, per non fini troppo, per gli sputasentenze in formato digitale che già avanzano in tv certezze che purtroppo vorrebbero avere gli investigatori. Ma che non ci sono.

Carmela, o meglio Melania, come amava vezzosamente presentarsi non solo agli amici, dopo aver detto prima al marito prima di «dissolversi» «torno subito e ti porto anche il caffè», oggi sembra, una vittima sacrificale. Degna per i reality dell’horror. L’hanno trovata in un boschetto che costeggia la strada che da Ascoli si allunga verso Teramo. Era seminuda, il volto tumefatto dalle botte, una coltellata al collo (precisamente sul fianco), altre 34 lungo tutto il corpo, due siringhe conficcate in altrettante zone erogene e le braccia aperte. Quasi l’assassino, ammesso che di uno solo si tratti, avesse scelto di colpire in un macrabro e malato rito di sangue. Infine, su una coscia, una svastica e una croce celtica incise. Non si sa ancora se la giovane mamma sia stata violentata.

Salvatore Perolisi, caporalmaggiore dell'esercito in servizio come istruttore presso il 235° Reggimento Piceno, ieri mattina ha dovuto riconoscere la sua dolce compagna orrendamente sfigurata. Lo accompagnava il cognato Michele, subito partito con la famiglia dal paese del Napoletano dove fino a 18 mesi fa, quando ciò nacque la bimba, aveva vissuto ancora Melania,

Nel pomeriggio ci sarebbe stata l’autopsia, eseguita dall’anatomopatologo Ivano Tagliabracci. Che un primo un particolare tanto atroce, quanto forse decisivo lo ha già fornito: la vittima sarebbe morta circa 12 ore dopo la sparizione, tra le 24 del 18 aprile e le 3 del 19.

Qualcuno l’ha dunque tenuta prigioniera. Con quella persona Melania potrebbe esserci andata di sua volontà? Magari attirata in trappola. O è stata catturata?

Si scava nella sua esistenza. Nel passato e nell’immediato presente. Ma, per ora, i carabinieri guidati dal colonnello di Ascoli Piceno Alessandro Patrizio, non hanno trovato zone grigie. Misteri, bugie, doppie vite.

Sul luogo del ritrovamento del corpo, in località Casermette, ieri intorno all’ora di pranzo sono arrivati gli uomini in tuta bianca del Ris di Roma. Si sono messi a frugare, a cercare tracce, impronte. Sono andati pure sul luogo della scomparsa. Un ambiente dove sembra impossibile che nessuno abbia visto qualcosa. C’è un chiosco vicino a tavolini da picnic, un ristorante, la strada sterrata dove di incamminata Melania è percorsa, soprattutto la domenica, da auto, ciclisti, gente che fa jogging. A nemmeno duecento metri villette adibite a seconda casa. Qualcuno ha raccontato di aver notato, all’ora della sparizione, schizzar via un’auto con tre uomini a bordo.
Interrogativi ai quali se ne affastellano altri. Dove è stata tenuta prigioniera per almeno 24 ore Carmela Rea.

Secondo i primi rilievi dell’Arma sembrebbe escluso che sia stata ammazzata in quel bosco un anonimo dice di averla trovata: troppo poco sangue nell’erba, niente tracce di colluttazione. No, lì, luogo poco frequentato e conosciuto soprattutto ai militari che vanno a esercitarsi al tiro, la giovane sarebbe solo scaricata. Già cadavere.


A Teramo la polizia cerca dunque di individuare l’uomo che ha dato l’allarme chiamando il 113. E che lo ha fatto mezz’ora dopo la scoperta. Ci sono 18 chilometri da quella zona alla città e lui ha telefonato da una cabina pubblica del centro. Perché aspettare? Ennesimo mistero.

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